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Turismo, maltempo e benzina. Sempre tutta colpa di Meloni

turismo, maltempo e benzina. sempre tutta colpa di meloni

Turismo, maltempo e benzina. Sempre tutta colpa di Meloni

Turismo, benzina, maltempo, carovita. In questi dieci mesi ogni occasione è diventata buona per attaccare il governo Meloni. L’ultima assurda accusa è arrivata dal segretario di +Europa, Riccardo Magi, che si è espresso sui ministri che «fanno scappare i turisti italiani» e così «il settore subisce una delle peggiori flessioni degli ultimi anni». Peccato che, da un’indagine realizzata dal Centro Studi Turistici di Firenze, è emerso che il sistema ricettivo italiano dovrebbe registrare quest’anno 212 milioni di presenze: il 6% in più rispetto al 2022.

Anche sul tema del caro carburanti le opposizioni si sono battute. Luigi Marattin (Italia Viva) ha sostenuto che il governo «nell’ultima legge di bilancio ha alzato le accise sulla benzina». Ma nella finanziaria non venne mai specificato questo aumento. Tornando indietro nel tempo, dopo i nubifragi che provocarono danni e vittime a luglio, Angelo Bonelli accusò la Meloni e il suo governo di essere «evidentemente negazionista» e propose una legge per incarcerare chi negava i cambiamenti climatici. Schlein e il sindaco Gualtieri, invece, incolparono il governo di non intervenire su un tema che – notoriamente – sussiste ben prima dell’ottobre 2022: quello del caro affitti.

Ma c’è anche chi si superò, come Massimo Giannini, inventando «ritardi» sulla formazione del governo. E poco conta se Mattarella non aveva ancora avviato le consultazioni. Alla fine, peraltro, Giorgia Meloni costituì il suo esecutivo 27 giorni dopo le elezioni: uno dei giuramenti più rapidi nella storia della Repubblica.

C’è stato poi il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz che, pur non avendo «piena conoscenza in dettaglio dell’economia italiana», attaccò a testa bassa l’esecutivo accusandolo di incompetenza e di portare il Paese alla recessione, benché tutti i dati fossero migliori del previsto. Altrettanto notevole fu l’intervento in Parlamento di Debora Serracchiani che incolpò la prima donna premier della Repubblica Italiana di volere le donne «un passo indietro rispetto agli uomini».

Quando gli studenti della Sapienza non fecero entrare Daniele Capezzone e il deputato Fabio Roscani (FdI), Tomaso Montanari parlò di «manganelli della polizia» che «si incaricavano di inculcare il concetto di merito»: quindi mossi personalmente da Piantedosi (e da Giorgia). Con buona pace della libertà di espressione violata dei due invitati nell’ateneo per tenere una conferenza. Critiche insensate alla Meloni sono state esposte più volte da Roberto Saviano. Secondo lui, la strage di Cutro non fu «un tragico incidente» ma «il frutto di una precisa scelta politica del governo che ha trasformato il soccorso in operazione di polizia»: giusto per infangare l’immagine della Guardia Costiera.

Clamorosa, poi, la sua gaffe sul saluto romano durante la parata militare del 2 giugno: non si trattava della X Mas ma del Comsubin (gli Incursori di Marina), che non stava facendo alcun omaggio fascista ma un semplice ordine al reparto in marcia di salutare a sinistra. Infine, la Rai. Fabio Fazio ha firmato un cospicuo contratto con Discovery, ma Saviano e vari dem a rimorchio farneticarono di «tv di regime», «Rai monocolore» e «Tele Meloni». Insomma, è sempre tutta colpa di Giorgia Meloni. Anche per vicende inesistenti.

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