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Regionali in Abruzzo, Luciano D’Amico: «In auto ho percorso 35 mila chilometri. È più facile unire tutti dopo 5 anni di disastri del centrodestra»

«Solo in auto ho percorso 35 mila chilometri. Ho girato la mia terra in lungo e in largo. Ce l’ho messa tutta».

E ora? «La sòrt è ccòma une se le fa, che in abruzzese significa la sorte è quella che uno si fa. Più aulicamente: ognuno è artefice del proprio destino».

Professor Luciano D’Amico: Abruzzo caput mundi della politica. Lo avrebbe mai detto? «No, ma credo che il significato delle Regionali in Abruzzo vada già oltre. La larga coalizione che mi sostiene dimostra che è possibile garantire un’alternativa a queste destre, indipendentemente da come andrà qui».

Dopo la vittoria del Campo largo in Sardegna, quanto è forte la pressione per questa «remuntada»? «Relativamente, perché in Abruzzo prima i partiti hanno condiviso un programma, e solo dopo è arrivato il nome del candidato».

. Lei è riuscito in un miracolo politico, come ha fatto? «Il centrodestra mi ha aiutato molto, questi 5 anni di governo hanno prodotto risultati disastrosi. Così è stato più semplice unire le forze per ripartire, condividendo un piano di rilancio e cambiamento».

Però anche lei, come Todde in Sardegna, non ha voluto i leader nazionali sul palco per il comizio finale. Non è un paradosso? «Sono orgoglioso di essere stato su tanti palchi con loro. E sarei stato felice di fare altrettanto per la chiusura. Ma abbiamo preferito non fare passerelle elettorali».

Un aggettivo per il suo avversario ? «Lo conosco talmente poco che non saprei».

Anche lei gli contesta di fare il governatore da Roma? «No. Io gli contesto di averlo fatto male. La sanità versa in condizioni drammatiche: siamo terzultimi per qualità dei servizi».

A lei contestano di essere stato proposto dai «signori delle tessere del Pd»… «A dire la verità, il mio nome la prima volta è arrivato dal M5S. Poi sono arrivati gli altri».

La prima cosa che farebbe da governatore? «Simbolicamente ritirerò l’adesione all’Autonomia differenziata, aumenta le disparità tra Regioni».

Joe Biden o Donald Trump? «Biden, naturalmente». Beh, Giuseppe Conte occhieggia un po’ di qua e un po’ di là… (Il professore sorride, ndr) «Viva il lupo!».

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