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O la Borsa o la crisi

In Borsa Porsche dovrà raccogliere tra i 9 e gli 11 miliardi di euro, soldi che serviranno al futuro elettrico del gruppo Volkswagen

O la Borsa o la crisi

Lo sbarco in Borsa di Porsche è un evento molto importante per il settore automobilistico tedesco e internazionale. Arriva dopo una lunga serie di eventi interessanti: la cacciata dell’amministratore delegato del gruppo Volkswagen, Herbert Diess; la sua sostituzione con il CEO del marchio Porsche, Oliver Blume; l’aumento dell’interesse delle famiglie Porsche e Piëch in tutti gli affari a Wolfsburg, in modalità mai viste prime; l’ammissione di essere in ritardo con la sfida dell’elettrico, tra pianali rinviati e software da sviluppare.

“Del 25% che sarà lanciato sul mercato, metà andrà alla famiglia, con azioni che le garantiranno il diritto di voto. Sul restante 12,5% c’è un interesse di Qatar Investment Authority, uno dei maggiori azionisti del gruppo, a comprare il 2,5%. Il flottante, dunque, sarà il 10%. È legittimo chiedersi se l’intromissione della famiglia Porsche nell’operazione non finirà per frenarne il prezzo“, si chiede Repubblica. Di sicuro l’approdo in Borsa di Porsche sarà più difficile rispetto a quello di Ferrari, le cui quotazioni sono salite del 350% rispetto agli esordi. Oggi, a differenza di allora, c’è una guerra alle porte dell’Europa, l’inflazione, l’instabilità geopolitica dovuta alle incognite sull’energia. Tutto questo in un momento di transizione non da tutti apprezzato, nel passaggio dall’endotermico all’elettrico. Elemento che Porsche ha comunque preso seriamente, a partire dalla sua Taycan.

Porsche, avanti tutta con la quotazione in Borsa

L’operazione sarà lanciata sul mercato tra fine settembre e inizio ottobre, con l’accompagnamento dell’advisor italiano Mediobanca, e riempirà le casse del gruppo di Wolfsburg per poter rilanciare la svolta elettrica. I quattro joint global coordinator saranno alcune grandi società del credito Usa: Bofa Securities, Citigroup, Goldman Sachs e JP Morgan. Ma non è solo una questione di una città, di un distretto, ma di un intero settore: “L’industria dell’auto è il motore del Pil tedesco e dell’innovazione in Germania, è il datore di lavoro di 800.000 dipendenti, e pesano i suoi 3 milioni di auto prodotte l’anno (2021) e i suoi 220 miliardi di investimenti tra il 2022 e il 2026 in digitalizzazione, elettromobilità, batterie. Per poter raggiungere l’obiettivo di un milione di punti di ricarica accessibili al pubblico nel 2030, dovrebbero essere creati circa 2.000 nuovi punti di ricarica ogni settimana, secondo i calcoli di VDA, l’associazione dell’auto. L’obiettivo del governo federale di immettere sul mercato 15 milioni di auto elettriche entro il 2030 aumenta ulteriormente la pressione sull’infrastruttura di ricarica, che dovrebbe aumentare di sei volte“, ricorda il Sole 24 Ore.

Passi importanti, che Oliver Blume dovrà analizzare centimetro dopo centimetro. In Borsa dovrà raccogliere tra i 9 e gli 11 miliardi di euro (12,5% del capitale complessivo) che finiranno nelle casse dell’azionista Volkswagen. La ‘controllata’ Porsche ha un peso specifico enorme nei confronti della società controllante: un’anomalia che cercherà di essere sfruttata fino all’ultimo centesimo. Non dovessero esserci benefici da questa operazione, il settore auto tedesco si potrebbe ritrovare più povero e più in crisi.

FP | Samuele Prosino RIPRODUZIONE RISERVATA

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