Morì per consegnare pizze. Schianto con l’auto del locale: “Gomme vecchie di 16 anni”
Lei, studentessa di Giurisprudenza a Modena, si pagava l’università consegnando pizze a domicilio, mentre coltivava il sogno di diventare avvocato e faceva volontariato per la Croce Rossa. Nella sera del 30 gennaio 2022, dopo le 20, la giovane si schiantò con la Fiat Punto del locale contro un palo, si rovesciò e perse la vita sul colpo. Una morte che sconvolse la città e l’ateneo Unimore, che poi alla giovane ha dedicato un’aula. “Una studentessa modello”, si è detto.
Ma l’ordine d’imputazione per i due titolari della pizzeria arriva dopo una battaglia di perizie partita mesi fa. La decisione del gip scaturisce dalla relazione dell’ingegnere Mattia Strangi, nominato dal tribunale e sentito giovedì mattina a conclusione dell’incidente probatorio. Pure il pubblico ministero Enrico Finocchiaro ha condiviso l’esistenza di un rapporto di causalità tra norme violate per la sicurezza sul lavoro e il decesso: conclusione a cui gli avvocati della famiglia si sono associati. Di avviso opposto l’avvocato Nino Giordano Ruffini, che assiste i due titolari, secondo cui invece la tragedia derivò soltanto dall’alta velocità tenuta dalla ragazza, calcolata dal consulente della difesa attorno ai 130 chilometri orari in un punto dove il limite è dei 50. Un valore, quello della velocità dell’auto, stimato in modo variabile: per il primo esperto incaricato dalla Procura, Davide Manfredi, era sui 140 orari, e non si ravvisavano carenze della macchina; per l’ingegner Santo Cavallo, incaricato dai genitori, non più di 50, perché era buio e le condizioni della strada non avrebbero permesso di andare oltre. Il primo perito nominato dal tribunale, Silvano Simoncini, aveva stimato molto meno del valore della Procura; poi in gennaio il giudice ha disposto un supplemento istruttorio e giovedì Strangi, oltre a ravvisare il problema gomme, in base alle foto ha indicato una velocità sui 110.
Fatto sta che se inizialmente poteva apparire la classica disgrazia in cui si è fatto ‘tutto da soli’, la tenacia dei genitori Annamaria e Francesco, tutelati dagli avvocati Giulio Cesare Bonazzi e Simona Magnani, ha aperto un nuovo squarcio di verità e di possibili responsabilità.