L’autovelox, l’ultimo totem
Lo ha di fatto certificato la sinistra, che – all’indomani dell’approvazione in Aula della riforma del Codice della strada – ha parlato di «Codice della strage» e accusato il governo di lassismo e complicità con i killer su quattro ruote. Il che potrebbe anche essere una posizione legittima, se non si scontrasse con qualche incongruenza nella narrazione politica di Pd e affini.
Già, perché da quando l’esecutivo Meloni si è insediato, una delle critiche più ricorrenti da parte dell’opposizione è stata contro la tendenza del centrodestra a legiferare per inasprire le pene per determinati reati. I cosiddetti «giri di vite» su rave illegali, criminalità minorile, danneggiamento delle opere d’arte, blocchi stradali, truffe agli anziani, gestazione per altri, occupazione abusiva, traffico di migranti e violenze contro le donne e il personale medico e scolastico sono stati di volta in volta accolti da preoccupazione e indignazione. Si è parlato di deriva securitaria, di legislazione emergenziale e fascistoide; si è commentato che pene più dure non servono, che la severità dell’impianto sanzionatorio non è la chiave per ottenere risultati. Sono cultura, dialogo e comprensione le vere armi per cambiare il mondo. Teoria abbastanza utopistica, da cartone animato del mondo fatato dei MiniPony, ma tant’è. Poi però si è parlato di mettere un freno all’Autoveloxcrazia e improvvisamente tutto è cambiato.
Ricapitolando, quindi, bisogna usare comprensione con i ravers, le baby gang, gli eco-contestatori che imbrattano, i truffatori di nonni, gli scafisti, gli abusivi che entrano in casa d’altri e i delinquenti che prendono a pugni insegnanti e medici al pronto soccorso, ma nessuno si azzardi a fare un passo verso gli automobilisti, espressione di una cultura inquinante e machista fatta degregorianamente di «molecole d’acciaio, pistone, rabbia, guerra lampo e poesia». E fa niente se in Italia ci sono 11.130 Autovelox (la Francia ne ha 3.780), se in un anno gli incassi da multe sono cresciuti del 61.7% e se evidentemente il sistema di rilevazione, sacrosanto per ridurre gli incidenti, è ormai sfuggito di mano e diventato un moloch che somiglia sempre più a un taglieggiamento. L’Autovelox è sacro perché punisce uno stile di vita giudicato «scorretto» e una trasgressione che non ha la fortuna di rientrare nel novero di quelle tollerate dal tribunale ideologico della sinistra. Se lo segnino a Trucco, la prossima volta che vedranno un flash seguito da verbale mentre vanno al lavoro alla pericolosissima velocità di 55 chilometri all’ora.