Qualche telefono a gettone interrompe con il suo squillo insistente il grande brusio di voci, che viene generato dalle centinaia di persone, per lo più munite di baffi e giacche a quadri, che comunicano fitte fra di loro. Alzando lo sguardo in alto si scorge un nugolo di luci a neon, quasi tutte utilizzate per fare pubblicità a qualche marca o prodotto, altri invece sono cartelloni di servizio che indicano la strada verso ulteriori padiglioni. Dovunque ci sono dei voluminosi riflettori puntati a illuminare prepotentemente ciò che con grande vanità e seduzione cattura lo sguardo e l’attenzione di tutti, le uniche protagoniste di questo immenso spazio espositivo: le automobili. Macchine fotografiche, scomode e squadrate, squarciano con i loro flash l’orizzonte con l’intento di catturare su pellicola le ultime nate a quattro ruote presenti al Salone dell’Automobile di Torino. È il 1978, la voce grossa la fanno i padroni di casa, la Fiat. Allo stand italiano, addetti a lavori, curiosi e appassionati sono fatti prigionieri da due esemplari di un modello nuovo di zecca: uno indossa un abito azzurro, l’altro di un rosso rugginoso. A ben vedere sembra un’automobile moderna, uscita dal futuro, con una linea a due volumi che stupisce per innovazione. Ha un musetto simpatico, scherzoso e con due fari grossi e circolari che assomigliano più a due occhioni sbarrati per lo stupore. Al lato B manca la consueta coda, ma c’è un portellone dall’ampia vetrata inclinata. Leggendo la targhetta sulla lamiera posteriore si scopre che si chiama Ritmo, chissà se quest’ultima nata di casa Fiat saprà davvero far ballare gli automobilisti di tutto il mondo.
Da Ritmo a Strada
La risposta al precedente quesito sarà affermativa quasi in toto, la Ritmo farà danzare molti utenti della strada sicuramente non con un ballo frenetico, ma piuttosto con uno cadenzato e più simile a un lento; d’altronde la compatta torinese non era un’auto sportiva, ma una vettura tranquilla e da famiglia. Per avere qualche brivido in più bisognerà aspettare la puntura dello Scorpione di Abarth, allora sì che il “ritmo” delle pulsazioni del cuore poteva crescere a dismisura come in una danza tribale. La vera notizia è che non saranno gli automobilisti di tutto il globo a scendere nella pista da ballo mano nella mano con la dama di Fiat, infatti una porzione di mondo non la conoscerà come Ritmo, ma bensì come Strada. Nei paesi di lingua anglosassone, la Fiat deciderà di cambiare la sigla della sua berlina compatta con una parola più italiana e poco fraintendibile.
Fiat Ritmo prima serie e cinque porte
Ci sarebbe un’altra ragione, poi, alla base di questo dietrofront: il termine “Ritmo”, traducibile in “rhythm” in Inghilterra o negli Stati Uniti, aveva anche un retro-significato poco carino da affibbiare a un’auto, infatti così veniva soprannominato anche il ciclo mestruale. Questa storia non è mai stata confermata e ha preso i connotati della leggenda metropolitana, che quest’auto si porta sulle spalle come un giogo da oltre quarant’anni. Pensare che per partorire quel nome, all’interno di Fiat ci hanno messo veramente un sacco di tempo, mettendo alla frusta il reparto marketing per la prima volta nella loro storia. Furono selezionati oltre 400 tipi di sigle diverse, passando da Vanessa (ritenuto troppo mellifluo) a Idillio (troppo cerebrale). Furono scartati anche diversi altri nomimativi, che in varie lingue potevano suonare come parolacce. La selezione, dunque, fu vinta da Ritmo che condivise il suo percorso commerciale con Strada, in alcui mercati.
Il flop negli USA
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Fiat Strada di colore rosso come quella di Obama