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Auto elettrica, l’invasione made in China spinge a estremi rimedi

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Auto elettrica, l’invasione made in China spinge a estremi rimedi

Volkswagen investe nella superiore tecnologia cinese

«If you can’t beat them, join them». Se non puoi sconfiggerli, unisciti a loro. Il proverbio ebbe origine nell’America degli anni Trenta, esprime un misto di realismo e opportunismo. Se i tuoi avversari sono più forti di te, anziché ostinarti a combatterli ti conviene fare atto di sottomissione e diventare un loro alleato. Anche a costo di essere subalterno. Dev’essere questa la filosofia che ha ispirato l’ultima mossa della Volkswagen: visto che l’invasione cinese nell’auto elettrica è già in atto su tutti i mercati mondiali (Germania inclusa), tanto vale cercarsi un partner cinese. L’allarme tedesco è davvero grande, come avevo segnalato una settimana fa. Un tempo la Repubblica Popolare per il made in Germany era un generoso mercato di sbocco, sembrava una conquista solida, in alcune annate era addirittura la principale fonte di profitti. In men che non si dica siamo ad un capovolgimento, soprattutto per effetto della rivoluzione elettrica i consumatori cinesi voltano le spalle alle marche tedesche (e a quasi tutte le occidentali, con l’eccezione di Tesla).

Xpeng, un marchio da tenere d’occhio

I capi di Volkswagen hanno quindi deciso di investire 700 milioni di dollari nella marca cinese di auto elettriche Xpeng. I tedeschi acquisteranno una quota del 5% di azioni in occasione di un aumento di capitale e avranno diritto a sedere nel consiglio d’amministrazione della Xpeng, solo però in qualità di osservatori. L’investimento è la condizione per sviluppare insieme veicoli elettrici sul mercato cinese dove le vendite Volkswagen hanno continuato a scendere perdendo l’1% nel primo semestre di quest’anno. In parallelo la marca di lusso dello stesso gruppo, Audi, rafforzerà i legami con il partner di lunga data Saic Motors, sempre per sviluppare la gamma elettrica.

Il grido d’allarme di Stellantis

Lo scenario dell’invasione cinese domina l’attenzione anche ai vertici di un altro gruppo automobilistico europeo, Stellantis di cui fa parte la Fiat. Il chief executive Carlos Tavares ha dichiarato: «Dobbiamo fronteggiare uno scenario brutale. Da una parte dobbiamo competere con dei rivali cinesi che hanno costi inferiori del 25%. D’altro lato ci si dice che dobbiamo sopportare un aggravio di costi del 40% per l’elettrificazione della nostra gamma». Tavares ha parlato di un’invasione cinese e l’ha definita «un’offensiva estremamente potente». Un altro gruppo almeno parzialmente europeo – Renault-Nissan – sta rielaborando la propria strategia proprio per sopravvivere all’avanzata cinese. Né stanno meglio gli americani, a cominciare dalla General Motors che aveva trovato la sua Bengodi nella Repubblica Popolare. Ancora ricordo la mia sorpresa quando oltre vent’anni fa trovai Pechino e Shanghai invase da vetture Buick, un marchio della Gm in declino negli Stati Uniti e rilanciato dall’esterofilìa degli automobilisti cinesi. Fu un’epoca d’oro che oggi appare lontanissima. La Gm ha una gamma limitata e non molto attraente di auto elettriche, le preferite dai consumatori locali sono marche domestiche.

Un caso a parte: Tesla. Ma sospettata di spiare!

Dicevo che Tesla fa eccezione perché, un po’ come l’iPhone di Apple, continua ad avere un fascino speciale sui consumatori cinesi più benestanti. I problemi della casa di Elon Musk (nella foto, in un montaggio con Xi Jinping) nella Repubblica Popolare sono di altra natura. Attorno alla Tesla non si è mai diradata la nebbia di sospetti di spionaggio. L’idea cioè che tutto il software di bordo dedicato ad assistere il guidatore, comprese le telecamere, possa inviare informazioni alla casa madre in America, dove queste informazioni sarebbero facilmente reperibili per l’intelligence Usa. Questi sospetti durano da tempo e avevano ispirato dei divieti specifici: per esempio i dipendenti governativi in Cina non possono girare su Tesla. Né queste vetture possono avvicinarsi a basi militari e alcune sedi dove alloggiano alti dirigenti del partito comunista. La faccenda, che sembra esagerata a fini protezionisti e propagandistici, era stata un po’ dimenticata ma è rimbalzata in questi giorni. Ieri in occasione della visita di Xi Jinping, a Chengdu, città di 21 milioni di abitanti che è il capoluogo del Sichuan, sono state vietate le Tesla in tutte le aree visitate dal presidente e nelle vicinanze.

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