- Secondo produttore cercasi
- L’errore di Prodi nel 1986 con Fiat
- Fiat senza rivali con l’acquisizione di Alfa Romeo
- Governo Meloni minaccia la nazionalizzazione
Crisi dell’auto e la cessione sbagliata di Alfa Romeo a Fiat
Secondo produttore cercasi
Per tutta risposta Urso ha replicato che se Stellantis non riesce a vendere un suo prodotto e a dicembre è stata superata per la prima volta da Volkswagen in fatto di vendite, evidentemente dovrebbe rivedere le sue politiche. Dopodiché il ministro ha chiarito che gli incentivi non potranno essere stanziati come in passato per finanziare l’acquisto di auto prodotte all’estero, tra cui la metà delle stesse vendute da Stellantis. Da cui la ricerca di un secondo produttore con il rammarico per quanto avvenuto negli anni Ottanta, quando si decise che l’unico concorrente sul mercato domestico fosse ceduto all’allora Fiat: Alfa Romeo.
L’errore di Prodi nel 1986 con Fiat
La polemica non è nuova. Già se ne discusse lo scorso ottobre e vide al centro del dibattito l’ex premier Romano Prodi. La storia è semplice. Alfa Romeo nacque agli inizi del Novecento come casa automobilistica con sede a Napoli. La sua striminzita produzione, che si calcolava nell’ordine di qualche centinaio di veicoli all’anno e anche meno, portò al collasso finanziario. Successivamente, la sede fu spostata a Milano e l’azienda ceduta a Banca Nazionale di Sconto. Prima ancora era stata rilevata dall’imprenditore Nicola Romeo. La crisi dell’istituto nel 1921 portò alla sua nazionalizzazione e anni dopo all’ingresso di Alfa Romeo nell’Iri, l’Istituto di ricostruzione industriale fondato dal fascismo nel 1933 e rimasto attivo fino al 2000. Era una holding di stato a capo di una miriade di società nazionalizzate e attive in ogni campo. Negli anni Ottanta, Alfa Romeo entrò in una nuova crisi di liquidità. L’Iri, allora guidata da Prodi, stava varando un programma ricco di privatizzazioni. Decise di cederla sul mercato al migliore offerente. L’americana Ford si mostrò interessata a rilevarla, ma alla fine la spuntò Fiat. Non è un mistero che per la seconda facesse il tifo la politica di quegli anni. L’idea era che sarebbe stato meglio tenere la casa automobilistica in mani italiane. Il problema è che l’operazione avrebbe portato all’eliminazione dell’unico produttore sul territorio nazionale in competizione con la società degli Agnelli.
Fiat senza rivali con l’acquisizione di Alfa Romeo
Governo Meloni minaccia la nazionalizzazione
Urso ha capito che con Stellantis non si può dialogare alla pari fintantoché rimane lo squilibrio azionario a favore dello stato francese, presente nel capitale con una quota superiore al 6%. Per questo minaccia l’ingresso dello stato italiano a sua volta nel capitale. Una mossa che punta a far abbassare le ali agli Elkann-Agnelli, i quali si fanno forti dell’assenza di concorrenti produttori in Italia. Sarà difficile cancellare l’errore dell’86. La nazionalizzazione potrebbe essere la cura sbagliata a una diagnosi corretta. Prodi avrà le sue ragioni nel respingere le accuse, ma il suo nome gira troppo spesso quando abbiamo a che fare con privatizzazioni finite male. Da capo dell’Iri e da quello di governo. [email protected]
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