Mattia Binotto, ex team principal della Ferrari
Purtroppo un quadriennio è passato invano. Il digiuno dai trionfi che contano si è ulteriormente allungato. Pertanto la fine era certa, quasi inevitabile. Un atto dovuto al quale i mortali non possono sottrarsi. Specialmente se durante il regno sono arrivate pure delle sonore batoste. Quando la folla è infuriata, nemmeno l’imperatore più acclamato può salvare la vita al gladiatore. Al predecessore di Binotto, il duro Maurizio Arrivabene, era accaduta la stessa cosa: disarcionato dal puledro più purosangue della Motor Valley alla fine del 2018. Con il titolo di vicecampione Piloti (di Vettel) e Costruttori in saccoccia, appena conquistati.
Fin qui l’evolversi di una legge non scritta. Non può essere irriverente, però, pensare che la scena finale poteva (anzi doveva) essere dipinta diversamente. Diciamo, un po’ meglio. Far passare una strettoia obbligata per una soap opera non era indispensabile. Tutte le grandi squadre, non solo in F1, a fine anno fanno i loro bilanci e prendono le conseguenti decisioni. I commentatori dicono la loro, a volte azzeccando a volte no. A che serve smentire categoricamente una situazione che già bolliva in pentola? Anzi, era quasi scotta, visto la tempistica con cui si è concretizzata. Certo il Presidente aveva le sue gatte da pelare con le dimissioni di tutto il Cda della Juventus che è cosa ben più rilevante dell’avvicendamento di un team principal. Le due società, infatti, sono entrambe controllate dalla Exor.
Frédéric Vasseur è un uomo di corse eccellente, plurivittorioso nel motorsport come nessun altro. Vicino alla Ferrari ed ai vertici della galassia perché sono anni che guida l’Alfa Romeo. Una pedina quasi scontata che sarebbe strano non coinvolgerla da subito, nella costruzione della monoposto per il 2023. Frédéric inoltre, è un vero leader. Formidabile quando deve guidare in battaglia, ma meno incline a muoversi in una struttura complessa. Il primo quarto di secolo in Rosso Binotto lo ha trascorso nell’ombra. Nelle segrete e affascinanti “stanze tecniche” che sono le più ambite del pianeta. Un vero punto di arrivo per chi si occupa di meccanica. Poi l’avvento del geniale Sergio Marchionne, che fiutava talenti come fossero tartufi, lo inchiodò sotto i riflettori. «Fatemi parlare con Mattia, lui chiacchiera poco ma ci capisce…», confidava il manager dei due mondi prima di promuoverlo ai vertici dell’ingegneria di Maranello. Il resto è cronaca. La promozione del gennaio 2019 è arrivata da Elkann, il presidente che è stato costretto a rimuoverlo.