F1. Quattro team principal in dieci anni (Binotto compreso) e non solo: gli addii eccellenti della Ferrari
Il primo della lista è l’attuale numero uno della Formula 1, Stefano Domenicali, che nell’aprile del 2014 rassegnò le dimissioni dopo sei anni e mezzo. Era subentrato a Jean Todt a fine 2007, cogliendo alla prima stagione il mondiale costruttori l’anno successivo. Poi i titoli mancati con Fernando Alonso e la goccia che fece traboccare il vaso, la mancata competitività della Ferrari F14T, la prima dell’era dell’ibrido. “Lascio per dare la scossa”, aveva detto all’epoca Domenicali.
La filosofia “testa bassa e lavorare” di Arrivabene lo portò per due volte ad accarezzare il mondiale, nel 2017 e nel 2018. Problemi tecnici, nel primo caso, e alcune mancanze di Sebastian Vettel nell’altro non consentirono alla Rossa di centrare un obiettivo che all’epoca mancava da dieci anni. E così, arrivò un altro avvicendamento al vertice. Il prescelto fu proprio Binotto, apprezzato sia da Sergio Marchionne – scomparso nel luglio del 2018, mesi prima della nomina di Binotto – che da Louis Camilleri, successivo CEO della Ferrari.
Viene da pensare che, dopo l’inevitabile periodo di gardening che è prassi consolidata in F1 per i pezzi grossi, Binotto possa farsi sedurre dalle sirene di qualche altra scuderia, portando con sé un know how e un bagaglio di segreti degni di nota. E se il cambio di casacca dei tecnici più promettenti non è poi così raro in F1, per quanto riguarda i team principal, soprattutto nei team di punta, si registra grande stabilità. Toto Wolff è al timone della Mercedes dal 2013, Christian Horner è il numero uno della Red Bull addirittura dal 2005. Solo il tempo ci dirà se il sostituto di Binotto sarà in grado di restare al comando per così tanto tempo. Anche se i precedenti non sono incoraggianti.
In collaborazione con Automoto.it