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Auto elettriche dal 2035, rinvio del voto in Ue: l’impatto sulla filiera italiana

L’industria automobilista in Italia continua a crescere, lo hanno dimostrato i dati sulle immatricolazioni di febbraio (130.365, il 17,5% in più dello stesso mese del 2022). Ed è pronta a raccogliere la sfida delle emissioni zero, tutti i principali attori del settore sono d’accordo. La discordanza riguarda il percorso per arrivare a tale obiettivo e la fase di incertezza che lo stop dell’Europa alle auto diesel o a benzina dal 2035 rischia di creare. Italia, Polonia e Bulgaria hanno manifestato la loro volontà di votare contro il nuovo regolamento dell’Unione europea, la Germania era incerta. Così, il comitato dei rappresentanti permanenti presso l’Ue (Coreper) ha deciso di rinviare di nuovo il voto «a data da destinarsi».

La soddisfazione dell’Italia

La premier Girogia Meloni lo ha definito «un successo italiano» ribadendo che non è sbagliato puntare alla neutralità, ma «deve essere lasciata la libertà agli Stati di percorrere la strada che reputano più efficace e sostenibile. Questo vuol dire non chiudere a priori il percorso verso tecnologie pulite diverse dall’elettrico. È questa la linea italiana che ha trovato largo consenso in Europa». Ciò che chiede l’Italia, quindi, è maggiore chiarezza su come modulare la transazione verso i motori elettrici, tenendo conto dell’intera filiera, che vale 54,3 miliardi di euro e impiega 161 mila addetti. Per il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, il rinvio è «un grande segnale arrivato anche grazie alla Lega». Su Instagram ha scritto: «È stata ascoltata la voce di milioni di italiani, e il nostro governo ha dimostrato di offrire argomenti di buonsenso sui tavoli internazionali, a difesa della nostra storia e del nostro lavoro. La strada è ancora lunga ma non ci svenderemo alla Cina». Lo ha seguito su Twitter Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy, che ha commentato: «L’Italia ha svegliato l’Europa e la decisione del rinvio su stop ad auto a benzina e diesel è un segnale importante. Mi auguro che ora ci sia una riflessione comune per una competitività sostenibile anche nel settore automotive». «Il rinvio tiene giustamente conto di una forte resistenza di alcuni Paesi europei – ha argomentato anche il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin -, con l’Italia in prima fila, a un’impostazione del Regolamento troppo ideologica e poco concreta».

Dipendenza dal mercato asiatico

Tra le possibili conseguenze che lo stop dell’Ue ai motori a diesel e benzina dal 2035 potrebbe avere sull’automotive in Italia, a preoccupare in modo particolare è la dipendenza dal mercato asiatico. Secondo Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, le conseguenze della direttiva Ue potrebbero implicare «uno spiazzamento delle industrie europee a favore di quelle asiatiche. Saremmo diventati importatori netti lasciando un’Asia monopolista a decidere i prezzi». Secondo Federico Visentin, a capo di Federmeccanica, invece, è una questione di investimenti: «ne sono stati fatti di enormi dalle grandi case automobilistiche – ha detto -. Bisogna attrarre appunto queste risorse. Intercettando anche i grandi player asiatici, in particolare i potenziali costruttori delle utilitarie elettriche».

Rischio fase di incertezza.

La discussione politica, però, rischia di creare una fase di stallo e di incertezza che risulterebbe dannosa alla filiera nel breve periodo. L’allarme arriva anche dai sindacati, come i metalmeccanici della Fim Cisl: «La politica non deve fare a braccio di ferro, servono subito risposte chiare, che diano la direzione al settore e permettano di confermare e realizzare gli investimenti e l’occupazione necessari — dicono il segretario generale Roberto Benaglia e il segretario con delega all’automotive Ferdinando Uliano —. Da anni chiediamo una politica industriale europea». «Ogni giorno perso a litigare sul 2035 è un giorno di vantaggio regalato ad altri Stati», dicono da Motus-E, la prima associazione italiana di operatori dell’automotive che intendono accelerare il cambiamento verso una mobilità elettrica.

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