La strage dell’ingegnere metodico
Deve essere anche un soggetto molto apprensivo, Benzi, di quelli che annegano le paure e le frustrazioni dentro il reticolato delle regole e di un’esistenza scandita, per quanto possibile. Ma quell’imbragatura interiore non regge più: redditi modesti, una situazione professionale a quanto pare stretta nel piccolo cabotaggio della progettazione di siti web; alle ansie sul versante economico si aggiungono quelle legate alla salute della moglie Monica, aggredita da una leucemia che non se ne vuole andare.
In una mattina in cui Alessandria è ancora avvolta da un’afa opprimente, quel piccolo mondo va in pezzi. Sono le 10,30 e Benzi raggiunge la stanza dove sta la suocera, Carla. Va con lei nel cortile fra panchine, aiuole e una fontanella e in un amen la sgozza, con un rasoio che si è portato dietro. Poi estrae un coltello da cucina e si taglia la gola. Ma la mano è imprecisa. Forse trema. E allora riprende in mano il rasoio, alcuni inservienti osservano sgomenti, urlano e provano a intervenire. A terra però ci sono due morti. E una ferocia sconvolgente. Ma questo è solo un pezzo di una tragedia ancora più grande, costruita con una freddezza disperata quasi insondabile. Nel marsupio c’è un biglietto: «Io abito in via Lombroso 6, terzo piano. Lì troverete mio figlio e mia moglie».
Devastato ma inflessibile. Benzi ha organizzato un piano in due parti e lo porta a compimento: si lascia alle spalle i due corpi, sformati a coltellate, e si mette in cammino, sotto il sole di settembre, come un passante qualunque. Dentro invece ribolle, posseduto da un demone oscuro e dominato da un’energia incontrollabile, venuta su chissà da dove, dai tratti primordiali. Attraversa a piedi un pezzo di città, un chilometro e mezzo circa per almeno venti minuti di camminata buona, fino ad arrivare alla Divina Provvidenza. In una zona colpita dall’alluvione del 94. Qui cancella anche Carla, l’ultima figura del presepe in cui non si ritrovava più e poi si ammazza. Come in un sacrificio rituale.
Tutto programmato in modo meticoloso, con qualche sbavatura solo al momento di rivolgere la lama contro se stesso, tutto realizzato in modo implacabile. Tutto sproporzionato rispetto a quello che emerge: i militari della compagnia di Alessandria, guidata dal maggiore Davide Sessa, hanno trovato qualche crepa nella vita fortificata dell’ingegnere, ma non rovine.
Non c’era nulla di irreparabile. Anzi, c’era un ragazzo che si apriva alla vita e andava bene a scuola. Il padre, che non ammetteva l’imprevisto, ha voluto portare tutti con sé…