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Andrea Stella: «Guardavo le corse delle 500 truccate. Ora guido la McLaren F1 e sfido la Ferrari»

Questo fine settimana Andrea Stella torna a Monza per il Gp d’Italia. Sarà impossibile non ripensare alle tante emozioni vissute in quasi 15 anni di Ferrari. Ma non c’è spazio per i sentimenti, sulla pista brianzola ha già battuto il suo ex team nel 2021 (doppietta Ricciardo-Norris). Ma non era ancora team principal.

Da Orvieto a Woking, in Inghilterra. Primo italiano a dirigere il secondo team più vincente nella storia della F1 dopo la Ferrari. Si aspettava una scalata così? «No, non mi sono mai concentrato sulla carriera. Sono sempre rimasto nel presente, con i piedi per terra, per crescere nel mio lavoro. Tutti i passaggi sono avvenuti quando qualcuno mi ha proposto: “Ti va di occuparti di questo?”. Non ero tipo da andare a bussare alle porte dei capi…».

Aveva già la passione per le corse prima di iniziare o è le venuta dopo? «Già l’avevo. A Orvieto andavo sempre a vedere una corsa in salita, “La Castellana”. Ero affascinato dalle Fiat 500 elaborate, con ruote larghe e motori “super”, ed è il motivo per cui ho studiato ingegneria».

Quando è che la McLaren diventerà «super»? Ci spieghi il piano di rilancio. «In questa seconda parte di stagione dobbiamo confermare i progressi: andare sempre a punti e affacciarci nella lotta per il podio. Per l’anno prossimo vorremmo essere regolarmente fra i top 3, nel 2025 puntiamo alle vittorie».

Qual è il metodo Stella? «Cultura, valori condivisi, spirito di gruppo. La differenza non la fanno i singoli se non sono in grado di trascinare gli altri. E poi il rispetto delle competenze, tutto deve essere “a cinque stelle”. In nome della crescita continua».

Per questo vi siete mossi sul mercato dei tecnici? Rob Marshall dalla Red Bull, David Sanchez dalla Ferrari… «È un altro passo per la crescita della conoscenza. Ora la sfida sarà creare la struttura più efficiente».

Stupito dal debutto in F1 di Oscar Piastri? «Conoscevamo i suoi risultati nelle categorie giovanili, ed è anche il motivo per cui abbiamo spinto tanto per averlo (c’era stata una causa con l’Alpine ndr). Dal primo test sono emerse le qualità di Oscar. Cresce a ogni sessione, a ogni gara, è una dote che ho visto solo in alcuni dei migliori piloti. Nella sua testa non c’è rumore».

Che vuol dire? «Non perde tempo in pensieri inutili».

Le qualità di Norris invece sono note. Non ha paura che glielo soffino altre squadre, in giro il suo nome circola. «È naturale, se fossi in un altro team cercherei di capire come prenderlo. Vogliamo evitare che succeda a noi. A parte gli aspetti contrattuali, riuscire a vincere insieme è un obiettivo speciale. Dare a lui e a Oscar una macchina competitiva, senza si fa fatica a trattenere un pilota. Ed è comprensibile».

Norris (Getty Images)

Tredici gare, undici vittorie di Verstappen. «Più volte in questo campionato ho ripensato al 2004, quando ero in Ferrari. Avevamo vinto 12 delle prime 13 gare. Anche in quei giorni in cui dominavamo, vincere non era mai facile. Per questo ho il massimo rispetto per Max e per la Red Bull. Non basta avere la macchina migliore».

Non basta? «No, vincono perché sono i migliori in ogni area. Pilota compreso».

Che tipo è il suo capo, l’americano Zak Brown? A ogni buon risultato vi riempie di pacche sulle spalle. «Mi lascia moltissimo spazio. È sempre raggiungibile come io lo sono per lui. Crede nel dare responsabilità alle persone, e mi invita a farlo con i collaboratori. In inglese si chiama “empowerment”, è il suo stile ed è anche il mio. Non c’è bisogno di alzare la voce o di battere i pugni sul tavolo».

Un ricordo della sua carriera che vorrebbe cancellare? «Abu Dhabi 2010, la gara più dolorosa (quella in cui Alonso ha perso il Mondiale, Stella era il suo ingegnere di pista, al muretto ndr), non sono mai riuscito a rivederla, se non qualche spezzone. Ma con il tempo si diventa più saggi».

E quindi? «Sono orgoglioso di quella stagione, non del risultato finale. Eravamo arrivati a giocarci il titolo contro la Red Bull, che aveva una macchina nettamente superiore alla nostra, grazie all’impegno, alla qualità della squadra e del pilota. Abbiamo perso ma da quella sconfitta siamo cresciuti tutti, io tantissimo».

Il momento più bello? «La vittoria del 2010 a Monza con la Ferrari, non eravamo favoriti e abbiamo dominato. La doppietta con la McLaren è stata un’emozione più matura, ero a capo della squadra in pista. Ed ero felice di vedere facce felici. È quel tipo di gioia che mi spinge a continuare in F1 dopo 23 anni. Aspetto altre domeniche così, con la McLaren».

Se potesse cambiare qualcosa in questa F1, che cosa cambierebbe? «Vorrei più equilibrio, forse c’è da guardare in modo più approfondito al budget cap».

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