Produrre 1 milione di auto in Italia è quasi impossibile: ecco perché
Le cifre – che raramente mentono – direbbero che si tratta di una possibilità poco realistica. A fine 2023 pur migliorando del 15% rispetto all’anno precedente, l’Italia per produzione era ultima in classifica tra i quattro maggiori Paesi in Europa: 752 mila veicoli costruiti (di cui 540 mila autovetture), contro i 4,1 milioni in Germania, gli 1,9 milioni in Spagna, e 1 milione in Francia (dati Anfia), con Italia e Francia che hanno accusato la riduzione più forte tra il 2000 e il 2023 (-61,9% e -63,2%). Le prospettive di motorizzazione europea per i prosimi anni, secondo la maggioranza degli analisti, parla di una contrazione delle vendite, o comunque di numeri stabili rispetto agli attuali. Secondo quanto emerge dal report di Rome Business School “Il futuro dell’automotive. Produzione, sostenibilità e lotta alla contraffazione”, tuttavia nel 2021 le 2.329 imprese produttrici di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi operanti in Italia hanno generato un fatturato pari a 68,5 miliardi di euro, che rappresenta ben il 6,4% dei ricavi dell’intera manifattura italiana. Inoltre malgrado l’elettrificazione non sia certo un fiore all’occhiello nazionale, il nostro Paese gode ancora di una classe operaia altamente specializzata e di designer di fama mondiale.
Non siamo alla frutta dunque, ma le frizioni con Stellantis – il Gruppo che monopolizza di fatto la produzione automobilistica nelle nostre fabbriche – stanno ritardando l’indispensabile processo di crescita e di conversione. L’Italia è ferma da tempo a quel “tavolo” che avrebbe già dovuto portare ad accordi precisi. Mentre proliferano blocchi della produzione e settimane di cassa integrazione, si sono aperti ieri confronti sui singoli stabilimenti, con Stellantis che da parte sua ha più volte ribadito di essere «pronta al dialogo» e «in grado di raggiungere il target voluto dal governo anche prima del 2030, solo se si creassero condizioni favorevoli». Ma al tempo stesso l’azienda di Carlos Tavares è sempre più «decisa a produrre dove può essere più competitiva». Ed è un fatto che oggi, gli oneri energetici e di gestione degli impianti in Italia costano quasi il doppio rispetto, ad esempio, a quelli della Spagna.
Allo stato attuale dunque, il governo – che ha comunque accantonato 14 miliardi di euro per l’automotive – è costretto a trattare senza avere il coltello dalla parte del manico con Stellantis per difendere le fabbriche del Gruppo, e in particolare i quattro stabilimenti principali, due dei quali (Melfi e Cassino) potranno contare sull’assegnazione di nuove piattaforme pensate principalmente per l’elettrico, che daranno origine a 7 o 8 nuovi modelli nei prossimi quattro anni. Più complesse le prospettive per Pomigliano e Mirafiori, il cui ruolo non è ancora chiarissimo. Come non lo è affatto il futuro dell’elettrificazione, altra variabile determinante per fare previsioni corrette sulla la temuta contrazione dell’occupazione.