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Motori strani: il Clarke-Brayton a tre camere

Rapporto di compressione di 56:1 ed efficienza del 52%: la storia del diesel a ciclo frammentato – di CARLO PLATELLA

Il motore a combustione interna è cresciuto enormemente dalla sua invenzione, progredendo con piccoli miglioramenti passo dopo passo. Trovare una nuova architettura in grado di compiere un netto salto in avanti in quanto a efficienza e consumi è sempre stato il Sacro Graal dell’automobilismo, alla cui ricerca si cimentano diversi attori. Uno di questi è la americana Motiv Engines di Ed O’Malley, che nel 2014 presenta un motore decisamente rivoluzionario: il Clarke-Brayton MkII.

Il ciclo diesel reinventato

Il Clarke-Brayton nasce come motore diesel, prototipo di quello che però sarebbe poi dovuto diventare un propulsore a gas naturale, con possibili applicazioni in campo automobilistico, sui mezzi pesanti e nei generatori industriali. Pur trattandosi di un diesel, l’unità della Motiv Engines è aspirata, priva quindi dei costi, della complessità e dei ritardi di risposta tipici di un turbo. Il Clarke Brayton invece segue un nuovo ciclo termodinamico, ribattezzato split-cycle, nome che anticipa come si tratti in realtà di un ciclo diesel frammentato in più fasi.

Come in qualsiasi altro motore, anche nel Clarke-Brayton un primo cilindro aspira l’aria di combustione per mezzo delle valvole, per poi comprimerla con la corsa verso l’alto del pistone. A questo punto però subentra una differenza importante. L’aria compressa non viene subito combusta, bensì è spinta dallo stesso pistone in un secondo cilindro più piccolo, connesso al primo per mezzo di un condotto ricavato nella testata. Il ciclo si sposta così in una seconda camera, il cui pistone comprime nuovamente l’aria. In prossimità del punto morto superiore viene iniettato il carburante e, come in qualsiasi diesel, la combustione avviene per accensione spontanea. Grazie alla sua inusuale architettura, il Clarke- Brayton raggiunge un mostruoso rapporto di compressione di 56:1 e un picco di pressione interna di 300 bar.

motori strani: il clarke-brayton a tre camere

L’utilizzo di un pistone più piccolo per la seconda compressione è particolarmente vantaggioso. La camera piccola favorisce infatti la miscelazione dell’aria e del carburante, mentre la ridotta superficie di scambio termico con le pareti minimizza le perdite di calore. D’altra parte, un pistone più piccolo implica anche una superficie ristretta con cui sfruttare la pressione sprigionata dalla combustione, con conseguente minore coppia trasmessa all’albero motore. Per ovviare al problema, il Clarke Brayton è provvisto di un terzo cilindro connesso al secondo, in cui i gas combusti defluiscono per effettuare una seconda corsa di espansione, letteralmente raddoppiando il lavoro utile all’albero. Dopo aver attraversato tre camere differenti, i gas a quel punto sono evacuati all’esterno dai condotti di scarico.

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Le prestazioni

Il motore è provvisto di due bancate da tre cilindri ciascuna, essendo di fatto un V6 con soli due cilindri dedicati alla combustione e con due corse di lavoro utile ad ogni rotazione. Il prototipo viene assemblato e testato al banco e, sebbene l’esatta cilindrata non venga mai diffusa, risulta più piccolo di un Cummins da 6.7 litri. In base ai dati comunicati da Motiv Engines, il Clarke Brayton sprigiona 360 cavalli e 340 Nm, denotando inoltre un’eccezionale curva di coppia quasi piatta. Ancor più sorprendente è l’efficienza complessiva: 52% di picco contro il 42% che, al tempo, rappresenta lo stato dell’arte dei motori diesel. Ma c’è un’ultima particolarità. Il motore ha infatti un’architettura boxer e i due pistoni sullo stesso perno sono soggetti a cicli sincronizzati. Le bielle pertanto esercitano forze uguali e contrapposte sui cuscinetti di banco, a vantaggio del bilanciamento e della riduzione delle sollecitazioni.

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Rinascita possibile

Gli ultimi aggiornamenti del Clarke-Brayton si fermano al 2016, quando l’azienda pubblica sul suo blog gli ultimi risultati dei test a banco. Da allora le notizie si interrompono, lasciando intendere la mancanza di sbocchi sul mercato. Nel 2020 però Motiv Engines inaugura un nuovo sito web, tutt’oggi consultabile, dove si legge di un nuovo progetto. Recuperare il vecchio Clarke-Brayton, questa volta per alimentarlo a idrogeno. Neppure la transizione energetica sembra scoraggiare il sogno degli avventurieri di scardinare i dogmi del motore termico tradizionale, ricerca in cui i nuovi carburanti non fanno altro che alimentare il desiderio.

FP | Carlo Platella
@RacEng2 RIPRODUZIONE RISERVATA

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