Di scuola si parla molto, purtroppo spesso in toni poco entusiastici. È un mio cruccio, farne emergere i problemi è sacrosanto. Ma la scuola ha bisogno anche di un racconto diverso, che ne faccia conoscere i punti di forza, gli avanzamenti, che, in un’epoca di punti di riferimento che vengono a mancare, ne ricordi il ruolo strategico per il Paese.
Ne è fermamente convinta Alessandra Migliozzi, 43 anni, da venti attenta al tema dell’istruzione, prima come giornalista, al Messaggero, in agenzia di stampa e su testate specializzate. Poi come capo ufficio stampa di lungo corso al Ministero dell’Istruzione e del Merito, in cui oggi lavora come dirigente nella comunicazione. Infine, come autrice di un piccolo, ma prezioso volume, “La scuola non si ferma”, che ha scritto nel 2021: un diario corale dalla pandemia costruito con le voci di docenti, studenti, dirigenti scolastici, genitori, sindacalisti che ripercorrono i mesi drammatici del Covid, facendo emergere la paura, lo sconcerto di quei giorni, ma anche la capacità di reazione del mondo scolastico.
E come? “Come quello che è: un luogo di studio, sperimentazione, una comunità scientifica in cui ci si forma di continuo, un settore della PA che sta percorrendo la strada della digitalizzazione e della semplificazione e di cui bisogna avere enorme rispetto. La scuola è il vero motore dell’innovazione, del Paese che, a volte, però, la maltratta un po’. Dobbiamo smetterla. Bene, quindi, che si sia rimesso al centro, come sta facendo il Ministro Valditara, il tema del rispetto, a partire da quello verso i docenti. Bene, e su questo c’è una grande lavoro in atto al Ministero, che si mettano sempre più al centro gli studenti, le famiglie e il dialogo fra tutte le componenti, anche con modalità comunicative nuove”.
Faccio notare all’intervistata che questo sembra un mondo perfetto, qualcuno – non chi scrive, che crede fermamente nella bellezza della scuola – potrebbe dire che non è così, che a scuola ci sono un sacco di problemi e che troppi durano da decenni. “Nessuno nega i problemi. Ci sono e ci saranno sempre. La scuola è materia viva, riguarda tutti e ognuno sente il diritto di dire la sua. Non c’è italiano che non abbia a che fare con la scuola perché ci lavora, perché ci vanno figli, nipoti, amici. I problemi vanno affrontati e risolti. Ma la scuola è profondamente cambiata e di questo dobbiamo prendere atto”.
Ma gli studenti notano tutto questo o è un dibattito fra adulti? “Sottovalutiamo tantissimo i nostri giovani. Non dobbiamo farlo. Al Salone del Libro di Torino – mi racconta Migliozzi – ho assistito al racconto, peraltro condotto benissimo, di alcuni studenti che erano stati in Erasmus in Norvegia. Ho chiesto loro, alla fine, quale scuola preferissero. Mi hanno detto che come strutture, la nostra è più carente. Me lo aspettavo. Ma che, come livello di preparazione, non c’è confronto: vince l’Italia e non cambierebbero la loro scuola con l’altra. L’avreste detto?”.
Un quadro di eccessivo ottimismo, forse? Obietto. “Un quadro di grande entusiasmo, lo ammetto. Ma penso sia quello che deve accompagnarci tutti quando parliamo di scuola. Consapevoli che, con i suoi limiti, la scuola è una delle punte avanzate della PA italiana, è un pilastro del Paese, è il centro delle vite dei nostri giovani per questo dobbiamo darle sostegno, cura, attenzione e farlo tutti. Ciascuno per la propria parte”.