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Fast X: recensione del 10° film della saga con Vin Diesel, in cui Roma e Jason Momoa rubano la scena

fast x: recensione del 10° film della saga con vin diesel, in cui roma e jason momoa rubano la scena

Fast X: recensione del 10° film della saga con Vin Diesel, in cui Roma e Jason Momoa rubano la scena

La longevità della saga di Fast & Furious è tale da aver portato i critici ad esaurire ogni forma di metafora automobilistica possibile. Le abbiamo lette tutte nelle recensioni passate, con la storia che “ingrana la marcia”, “sbanda in curva”, “mette il turbo”, per un film che sterza, stride, frena e accelera, di fronte a un pubblico in poltrona con le “cinture allacciate”. Se proprio qualcosa dove essere trovato per descrivere il “tragitto percorso” dal decimo capitolo, si può chiamare in causa il “pilota automatico”.

Fast X non è niente di più e niente di meno di quello che sono stati i due precedenti titoli della serie.

È cambiato in corsa il regista, dopo l’abbandono di Justin Lin, ma l’ingresso del francese Louis Leterrier non lascia percepire sostanziali differenze nella direzione di questo nuovo appuntamento. La saga rimane fedele a se stessa, continuando ad essere la versione su strada e in un contesto urbano dei film con i supereroi. Non ci sono elementi fantasy, eppure la fantasia nella messinscena abbonda.

La fantasia di un bambino che gioca con le macchinine sul tappeto della sua cameretta.

Che, non fraintendiamoci, è esattamente la virtù più nobile di Fast & Furious, ovvero la regressione a un livello di giocosità infantile, pensata per adulti da altri adulti ed eseguita con i costosi “giocattoli” che Hollywood mette a disposizione degli artisti digitali.

Ciò che diverte davvero, non sono tanto le avventure surreali di Dom Toretto e della sua famiglia allargata. Lo è la serietà con cui quelle avventure sono pesante e create, equivalenti a uno spettacolo pirotecnico che punta a lasciare di stucco gli spettatori. Per un po’ ha funzionato tutto bene. Questo intrattenimento aveva una personalità, almeno fino al capitolo numero 7, riscritto e ricostruito a riprese in corso dopo la tragica scomparsa di Paul Walker.

Con l’ottavo capitolo iniziava una spinta verso obiettivi diversi e possibilmente lontani, per garantirsi un minimo di assist verso i titoli successivi. Ma quando una macro-storia fa morire personaggi per poi lasciare che resuscitino, spacciando l’idea per un grande colpo di scena, non fa altro che aumentare esponenzialmente il numero di protagonisti. Così sovraccarica, la torre narrativa inizia a vacillare.

L’uscita di scena al capitolo 9 dello sceneggiatore Chris Morgan, sottratto da Dwayne Johnson che se lo è portato sullo spin-off Hobbs & Shaw, si è fatta sentire. Morgan era a bordo come autore fin dal terzo film, Tokyo Drift, e il lavoro di coerenza nella crescita dei personaggi, di evoluzione dei rapporti, di ricalibratura da saga minore sulle corse illegali a serie internazionale con improbabili ma efficaci rapinatori, sono tutti risultati concepiti sulla sua tastiera. La sua assenza, sopperita dal regista Justin Lin, ha messo in evidenza la maggiore delle difficoltà: tenere compatta una storia con una dozzina di personaggi che devono avere tutti un senso di esistere. E, soprattutto, avere qualcosa da fare.

Rendere plausibili gli archi di tutti, pur all’interno di un contesto surreale e sopra le righe come quello del film, con battute che non suonino eccessivamente A+B+C+D e ritorno, è un’ardua impresa.

Fast X non ce la fa a manenersi saldo in questo senso, così come non ce la faceva il capitolo precedente. La gestione delle dinamiche narrative entra dunque nel territorio della prevedibilità che, arrivati a questo punto, si affianca anche alla sensazione di déjà vu del motor show pirotecnico. A un certo punto sembra ci sia in atto una gara tra scrittura e sequenze d’azione, su chi compie più acrobazie e salti carpiati dell’altro.

Questa debolezza di Fast X è in parte contenuta dalla creativamente interessante sequenza di Roma. La capitale è messa a ferro e fuoco da un inseguimento stradale con tanto di gigantesca palla di ferro pronta a esplodere, un’invenzione degna dello spirito della saga. Le riprese sono state effettuate anche a Torino e Genzano e, per noi italiani, è qualcosa di sublime scoprire che a metà della torinese Via Roma, c’è la scalinata di Piazza di Spagna della vera Roma. O che il ponte dove transita la sfera vorrebbe affacciare sul fiume Tevere, ma sono le acque del Po quelle che scorrono sotto.

L’effetto sfilata delle ormai tante (troppe) star del film, incide in modo inesorabile. È un inutile vanto per il produttore Vin Diesel che continua comunque a mantere su di sé attore il perno dell’intero franchise. L’ingresso del nuovo nemico porta però benefici, grazie all’interpretazione di Jason Momoa che diverte e si diverte. L’attore entra nel parco giochi e fa proprio quello che deve fare: giocare. E ruba la scena senza particolare sforzo, diventando l’altro valore aggiunto del film. Dopo Roma.

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