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Costruire meno sul suolo più fragile

costruire meno sul suolo più fragile

pianura padana

Ammonta ad oltre 50 km quadrati il consumo di suolo in Italia nel 2021, secondo i dati diffusi dal Sistema Nazionale di Protezione Ambientale (SNPA). Si tratta della somma algebrica tra il consumo di suolo, che supera i 56 kmq annui, e la rinaturizzazione di alcuni territori, che consente di recuperare annualmente oltre 5 kmq dal consumo umano, solitamente quello meno invasivo e definito reversibile.

La percentuale di consumo del suolo, spesso sottratto alle foreste od all’agricoltura, è salita al 9,15% del territorio utile italiano, in rallentamento rispetto al periodo 2006-2012, ma pur sempre troppo alta per gli obiettivi che l’Italia si è posta in sede europea e mondiale. Si tratta di 14 ettari al giorno, ed è un valore molto lontano dagli obiettivi comunitari che dovrebbero portare il consumo netto a zero entro il 2050. Il consumo avviene per motivi logistici, industriali e commerciali, visto che si costruisce sempre meno per motivi residenziali, e si concentra nelle principali aree urbane del Paese e nella media Valle Padana.

Il consumo di suolo è di solito associato alla crescita demografica. Tuttavia in Italia, come in altri Paesi sviluppati, ormai i due fenomeni sono slegati tra di loro. Pertanto, negli ultimi anni, il consumo di suolo in Italia è cresciuto, nonostante la popolazione sia diminuita di 175 mila unità. Un suolo su cui si è costruito è più impermeabile alla pioggia, che quindi non viene assorbita e diventa pericolosa per cose e persone. È un suolo più fragile, più instabile meno produttivo e, in una sola parola, più povero. Eppure la soluzione esisterebbe: già nel 2016 ISPRA, presentando lo studio sul consumo del suolo, ammoniva a non consumare in maniera eccessiva il suolo per le possibili gravi conseguenze (come abbiamo visto anche recentemente ad Ischia), e presentava l’esempio virtuoso di Rivalta di Torino, in Piemonte, che è riuscito a spezzare il circolo perverso per cui più si utilizza suolo, e più si continua a costruire.

A Rivalta la rivoluzione si chiama efficienza energetica degli edifici. Grazie a questa, si è potuto stralciare dal Piano Regolatore il 50% delle opere di urbanizzazione previste, con una riduzione della superficie occupata da edifici ed infrastrutture del 40%. Parallelamente, inoltre, sono state avviate opere di ripristino e valorizzazione delle aree agricole e verdi, dentro ed intorno al Comune. Costruire meno ed in maniera più vantaggiosa è dunque possibile, se si punta all’efficienza ed al riutilizzo.

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