Audi, BMW, Mercedes, Nissan e Polestar: i costruttori puntano alla seconda vita, tra impianti di accumulo e risciò. Ecco i progetti
“Ma poi come smaltiamo tutte quelle batterie?” è la domanda che pongono tanti scettici dell’elettrificazione. Se la risposta più immediata da dare è “le ricicliamo”, c’è un’altra pratica che, in realtà, può precedere il riciclo. Parliamo ovviamente della “second-life batteries”.
Per chi non lo sapesse, consiste nel riutilizzare gli accumulatori arrivati ormai alla fine del primo ciclo di vita, quando la capacità residua è scesa al 70% circa: una cifra insufficiente per le esigenze di un’auto elettrica, ma abbastanza alta per alimentare altri dispositivi, come gli impianti di accumulo. I progetti delle Case sono tanti: scopriamoli con l’aiuto di Automotive News Europe (ANE).
Diamo i numeri
Partiamo da un paio di numeri. Secondo un rapporto del “Circular Economy Storage”, il prezzo di una batteria di second-life è molto variabile e si aggira tra i 40 e i 100 dollari per kWh. Con questi numeri, si prevede che il giro d’affari globale raggiungerà i 3 miliardi di dollari nel 2025.
Nissan
Avendo lanciato la Leaf già nel 2010 e potendo vantare circa 500.000 veicoli elettrici in giro per il mondo, il costruttore giapponese ha già fatto un po’ di esperienza con batterie a fine vita e può portarsi avanti rispetto ai competitor.
Nissan Leaf 2011
Per fare un esempio, quest’anno ha lanciato un progetto insieme all’italiana Enel nella centrale elettrica di Melilla, in Spagna, dove gli accumulatori delle Leaf vengono riusati per stabilizzare la rete.
Polestar
Volvo presterà infatti la sua rete di assistenza per indirizzare gli accumulatori in centri di smistamento. Da qui partiranno verso nuove “missioni”. Nel frattempo, il brand svilupperà celle “circolari” e facilmente riutilizzabili.
Audi
Le collaborazioni sono il cuore anche dei programmi di Audi, che si è già alleata con l’indiana Nunam per montare i pacchi batteria delle e-tron su alcuni risciò elettrici, pronti nel 2023. La sfida della second-life è accettata, perché in fondo, dicono dai Quattro Anelli, gli ostacoli da superare non sono troppo diversi dal passaggio all’auto elettrica. Si veda alle voci sicurezza, garanzia, capacità, velocità di ricarica e costi.
Qualcosa in Audi la sanno già; manca solo il passo successivo. E il segreto sarà sviluppare sistemi diagnostici e di aggiornamento capaci di far funzionare gli accumulatori nei nuovi ambienti.
Mercedes
Lato Mercedes, si punta agli impianti di stoccaggio. La Stella a Tre Punte ha perciò stretto una partnership con Moment Energy (e non solo) che ha l’obiettivo di trovare applicazioni stazionarie alle batterie. Le prime stanno già alimentando i sistemi di un resort canadese per immersioni, finora alimentato da generatori a diesel.
Il problema di queste soluzioni è la mancanza di standardizzazione. La speranza è che si arrivi a quel traguardo, con il vantaggio aggiuntivo di abbassare i costi.
BMW
Anche l’altra tedesca, BMW, non mette subito in pensione le batterie a fine vita. Il caso da citare è quello di Lipsia, dove il Gruppo utilizza 700 accumulatori per immagazzinare l’energia prodotta da turbine eoliche, col compito di produrre veicoli.
Solo dopo si arriva al riciclo, che – secondo gli analisti – consente di recuperare il 90% delle materie prime, oltre a ridurre estrazioni, costi e dipendenza dalla Cina.
Fonte: Automotive News Europe