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Nel tentativo di recuperare fondi, l’esecutivo di centrodestra ha stabilito la rimozione totale dello sconto sulle accise, di imposte fisse al litro che gravano sul prezzo finale, che era stato introdotto dal governo di Mario Draghi per calmierare i forti rincari scattati con l’inizio della guerra in Ucraina. Il governo Meloni ha poi gradualmente rimosso lo sconto sulle accise sui carburanti passando da 30,5 centesimi al litro introdotto a marzo 2022 fino a rimuoverlo del tutto al primo gennaio.
Alcuni membri del governo tra cui il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, hanno accusato gli operatori di speculare sul prezzo della benzina, perché le quotazioni starebbero salendo più del normale aggiustamento che ci sarebbe stato solo a causa dell’aumento delle accise. Ma secondo quanto osservato da alcuni analisti, scomponendo dal costo finale quello del taglio delle accise il prezzo del carburante non sarebbe aumentato e quindi l’aumento dipenderebbe solo dalla decisione sulle tasse. Una misura presa perché considerata costosa e iniqua ma che potrebbe creare malcontento.
A questo si aggiunge che il 5 febbraio scatterà un nuovo embargo commerciale della Ue nei confronti della Russia che riguarderà i prodotti raffinati. Secondo quanto riportato da Repubblica, si tratta di un’attività bandita dall’Occidente per la transizione energetica. Ma questo potrebbe contribuire a far aumentare i prezzi ulteriormente. In Europa mancano gli impianti per raffinare. La Russia esporta circa 3 milioni di barili al giorno di prodotti raffinati o semilavolarti e l’Ue è il mercato principale. Dal 5 febbraio l’Europa dovrà misurarsi con questa nuova sfida e trovare nuove soluzioni.