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Nettuno: la storia del motore a precamera di Maserati

[Intervista] Con un rendimento superiore al 35% e oltre 240 cavalli/litro, il Maserati Nettuno è uno dei motori più avanzati al mondo

Era il 2020 quando Maserati ha presentato al mondo Nettuno, il V6 biturbo con cui la casa del Tridente tornava a produrre un motore in proprio dopo essersi a lungo avvalsa dei propulsori Ferrari. Dopo il debutto sulla MC20, l’enorme successo del Nettuno gli è valso la conferma su Grecale, Project 24, GranTurismo Modena e Trofeo, su ognuna delle quali è stato affinato, riadattato, senza però mai rinunciare alla sua essenza più profonda. Cuore del V6 di Modena è la tecnologia Twin Combustion, che si ispira alla precamera di combustione impiegata sulle ultra-efficienti power unit di Formula 1. Grazie a una rapidità e un’efficienza della combustione da primato, sin dal suo esordio il Nettuno è arrivato a sprigionare 630 cavalli e 730 Nm di coppia.

Dal motore Ferrari al Maserati

Quella del motore Nettuno è una delle storie ingegneristicamente più affascinanti dell’industria automobilistica. “Nel 2018 ci siamo posti una domanda molto importante, quale dovesse essere il motore per la nuova generazione di Maserati”, racconta a FormulaPassion Stefano Tonietto, Chief Engineer nonché tra i responsabili dei motori ad alte prestazioni del Tridente. “Per Maserati significava ricominciare a fare in proprio i motori, quindi rimettersi in gioco completamente. Come team di sviluppo motore avevamo la consapevolezza che la nuova tecnologia di combustione interna si sarebbe concentrata nel cercare qualcosa che potesse aumentare in maniera considerevole l’efficienza sia a livello di consumi che di potenza specifica. È ovvio che su applicazioni ad alte prestazioni per Maserati la richiesta fosse quella di aumentare la potenza in gioco. Ci siamo focalizzati su un concetto non così nuovo, perché  di precamera si parla dagli anni Venti con diverse installazioni. Quanto di più vicino al nostro mondo però era la Formula 1, dove dal 2014 bene o male uno alla volta tutti i costruttori sono passati alla  condizione di combustione con precamera”.

I risultati dei primi test a banco dimostrano come Maserati fosse sulla strada giusta. “Abbiamo iniziato a fare delle prove a banco e fin dai primi risultati eravamo entusiasti”, continua Tonietto. “Si leggeva negli occhi dei colleghi della sala prove che i risultati erano eccezionali, a livello  di prestazioni e di efficienza. Da lì siamo partiti con lo sviluppo della nuova tecnologia, la Maserati Twin Combustion, che poi siamo riusciti anche a brevettare. Non è stata una strada semplicissima,  perché avevamo un po’ tutti gli occhi addosso e per noi era un passo veramente importante. Era sì una tecnologia nota e utilizzata, però l’industrializzazione e i livelli di applicazione Maserati sono stati un buona sfida da portare in porto”.

Nettuno, un motore a  precamera

Scorrendo la scheda tecnica del motore, ci si imbatte in un dato sorprendente. Il Nettuno vanta infatti un rapporto di compressione particolarmente elevato per un termico turbocompresso. Mentre raramente i motori sovralimentati mostrano rapporti superiori a 10, il V6 di Modena arriva a un rapporto di 11:1. Essendo questo un indicatore del livello di compressione della miscela nei cilindri, il rapporto di compressione è uno dei principali parametri sfruttabili per aumentare l’efficienza di combustione. I motori turbocompressi però, a causa delle elevate pressioni interne, sono costretti a limitare la compressione per non incorrere nel rischio di detonazione del comburente. Tuttavia, oltre alla tradizionale candela, la Twin Combustion di Maserati si avvale della precamera come strumento di innesco della miscela. All’interno della precamera si ha infatti una prima combustione di una minima frazione del carburante, i cui gas combusti vengono poi spinti nella camera principale. La loro elevata energia innesca rapidamente la miscela in ogni punto della camera principale, la cui combustione istantanea riduce il rischio che nelle aree più lontane avvengano fenomeni di detonazione. Proprio questo rischio minore permette un incremento del rapporto di compressione e quindi dell’efficienza.
nettuno: la storia del motore a precamera di maserati nettuno: la storia del motore a precamera di maserati

“Il sistema a precamera è quello che ci ha permesso di aumentare così tanto il rapporto di compressione”, spiega l’ingegner Tonietto. “ Se frazioniamo il ciclo complesso partendo dalla combustione in sé, si ha una specie di kernel, un nucleo di pre-combustione all’interno del piccolo volume della precamera. Questo permette di accendere una piccola porzione di miscela e di sparare letteralmente i gas della combustione attraverso una serie di piccoli fori, studiati sia a livello di dimensione che di forma per massimizzare la penetrazione dei getti in camera. Questi gas combusti agiscono proprio come se fosse una candela, permettendo di accendere quasi istantaneamente il resto della miscela di aria e combustibile all’interno della camera di combustione principale. L’accensione quindi è molto più rapida e questo si traduce in efficienza. Inoltre, permette di raggiungere molto rapidamente gli estremi della camera di combustione, quelle zone che solitamente in condizioni di combustione al limite danno luogo a detonazioni e pre-accensioni, cosa che è assolutamente accentuata da rapporti  di compressione elevati. Il fatto di avere una combustione molto rapida ed efficiente permette di ridurre la tendenza alle detonazioni e alle pre-accensioni. In realtà è la precamera stessa  che ha permesso di aumentare i rapporti di compressione fino a 11:1”.

nettuno: la storia del motore a precamera di maserati

La precamera del motore Nettuno è realizzata in una particolare lega di rame, per evitare che essa stessa diventi un possibile punto caldo di innesco di fenomeni detonanti. “Ci siamo dovuti soffermare molto su quello che era lo scambio termico della precamera per riuscire a garantire il suo funzionamento. Tutto è studiato nei minimi particolari. Anche per la lega stessa in realtà sono state fatte varie versioni per trovare quella ottimale, sempre per un discorso di bilanciamento tra le prestazioni e la sostenibilità del progetto. La combustione a precamera parte da una piccola quantità di miscela che c’è all’interno, per cercare di accelerare la combustione tradizionale. Il fatto di avere una lega in rame serve proprio per garantire che non ci siano punti caldi e poter accelerare al più possibile quella che è  la combustione a precamera”.

La tecnologia Twin Combustion

La sfida per Maserati non era però soltanto implementare la combustione a precamera, ma realizzare un motore che potesse anche essere prodotto in serie. Per motivi di costi e produzione quindi, il Tridente ha preferito un sistema passivo ad uno attivo, quindi sprovvisto di un iniettore all’interno della precamera. “La precamera passiva è un piccolo componente in lega di rame installato sulla  testa e al suo interno ha semplicemente la candela principale per l’accensione. Quando abbiamo iniziato con lo sviluppo abbiamo  cercato di tenere conto di ogni aspetto, inclusa l’industrializzazione e la sostenibilità  del progetto. Pertanto, abbiamo cercato di trovare quello che fosse il miglior compromesso tra costi, benefici e nella valutazione del progetto a tuttotondo. In realtà la precamera passiva ci garantiva il giusto compromesso per riuscire ad avere le prestazioni richieste di consumi e potenza specifica senza andare a complicare troppo l’architettura del motore”. 
nettuno: la storia del motore a precamera di maserati

Per quanto più economico, il sistema passivo porta con sé un grande limite, legato proprio al fatto che la miscela sia costretta a muoversi per differenze di pressione verso la precamera, non essendovi un iniettore dedicato. A bassi carichi e regimi però, la pressione nel cilindro è insufficiente a spingere la miscela aria-carburante nella giusta quantità in precamera, la cui combustione interna diventa instabile e può persino non innescarsi (misfiring). Gli ingegneri Maserati hanno così pensato alla Twin Combustion, letteralmente doppia combustione, così che, in quelle condizioni in cui la precamera va in affanno, questa possa essere supportata da una candela laterale per l’innesco della combustione in forma tradizionale. “Si parla comunque di un motore che ha due sistemi di accensione e due sistemi di iniezione, proprio per riuscire a garantire il perfetto funzionamento della combustione a precamera  in tutte le condizioni di utilizzo. Sicuramente la precamera attiva ha altre peculiarità, ma per quelli che erano i nostri obiettivi la passiva era più che sufficiente”.

“La parte di iniezione è una cosa abbastanza particolare”, spiega Tonietto. “Nel brevetto non  c’è esclusivamente l’utilizzo della precamera, che può essere impiegata assieme alla doppia candela e alla doppia iniezione. Questo perché in realtà la precamera ha un grosso difetto, soprattutto quella di tipo passivo. Nei momenti in cui la pressione o il movimento del pistone durante la fase di compressione sono insufficienti a spingere la miscela di aria e combustibile dentro la precamera, questa non è efficiente e non riesce ad essere sufficientemente stabile per un utilizzo quotidiano. Abbiamo una zona a basso carico e bassi giri dove la precamera non è stabile e utilizziamo la candela laterale per garantire una combustione con la qualità che richiediamo per una vettura da utilizzo giornaliero. La doppia iniezione è stata implementata sia diretta che indiretta ed è stata studiata per assicurare sempre un miglior miscelamento  dell’aria e del combustibile per un corretto riempimento della precamera”.

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Il contributo della precamera non sparisce però mai del tutto. “La precamera è sempre in azione anche a bassi giri, per garantire la pulizia dei fori ed evitare qualsiasi tipo di ostruzione. Quando però la precamera diventa la trainante della combustione, sfruttiamo un mix di iniezione tra l’indiretta e la diretta per avere  sempre la migliore miscela possibile all’interno della precamera. Questa transizione tra l’accensione laterale e l’accensione centrale e tra l’iniezione GDI [Gasoline Direct Injection, ndr] o PFI [Port Fuel Injection, ndr] è completamente gestita dalla centralina. La centralità del controllo permette appunto di fare una transizione tra le due iniezioni e le due accensioni, in maniera tale che non permettano all’utente di accorgersi di differenze in ruvidità o controllo di velocità del motore. La centralina sente quello che il conducente vuole fare e di conseguenza adatta le sue strategie  per riuscire ad avere una transizione tra le varie tecnologie, le varie accensioni e iniezioni”.

Quando però si va a spingere sul pedale dell’acceleratore, è proprio lì che il Nettuno inizia a esprimere a pieno tutto il suo potenziale. “La combustione della precamera diventa principale e pilotante da medi-alti giri. Se immaginiamo il piano quotato di un motore, la parte superiore è pilotata dalla precamera. Nella zona tra bassi e medi regimi invece si ha una zona di transizione dove entrambe le combustioni sono attive nello stesso momento. Nella parte in basso invece la precamera produce una combustione, ma non è sufficientemente stabile per garantire una combustione pulita ad ogni ciclo. Per questo ci siamo dotati della candela laterale, che è come se aggiungesse un secondo motore, perché si ha una combustione tradizionale che parte dal punto elettrico principale e poi si sviluppa in maniera sferica. Ad alti regimi però, non è  quello che succede con la precamera”.

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Una sfida tecnologica

La combustione a precamera, ancor di più quella di tipo passivo, necessita di tecnologie di simulazione computerizzata al CFD estremamente sofisticate per prevedere il corretto afflusso della miscela in precamera e la penetrazione dei getti combusti nella camera principale. In questo, il progetto Nettuno era talmente ambizioso dal costringere allo sviluppo di nuove tecnologie di simulazione ancora assenti sul mercato. “Lo sviluppo del sistema a combustione a precamera non è stato solo una prova a banco”, ricorda Tonietto. “In realtà sotto c’è stato tutto uno sviluppo di metodologie di calcolo made in Maserati che prima non era disponibile. Abbiamo sviluppato una nuova metodologia di calcolo completamente da zero proprio per riuscire a simulare la condizione con precamera. […] La metodologia è stata sviluppata dai colleghi di Virtual Analysis qui all’Innovation Lab ed è una metodologia completamente nuova, non esisteva. Ovviamente noi ci avvaliamo dei software commerciali più prestazioni possibili, ma anche confrontandoci con i produttori stessi dei software questa metodologia non esisteva. I pacchetti di analisi CFD, sia 2D che tridimensionali, esistevano. La sinergia tra la progettazione dell’analisi virtuale e i test a banco ci ha permesso di sviluppare questa nuova metodologia di calcolo che poi è stata la chiave di  volta di tutto il progetto”.

“Questo è stato il grosso del gioco per riuscire a garantire il corretto riempimento. La forma, la dimensione e anche i piccoli dettagli dei fori permettono di raggiungere il massimo riempimento della precamera per riuscire a garantire la prontezza del sistema. Il trucco è tutto lì. Nella precamera passiva non c’è alcun componente che ti permette di aggiungere combustibile all’interno.  Il trucco è nel rapporto tra la forma del pistone e quella dei fori sulla precamera, proprio per permettere un maggior afflusso possibile all’interno del piccolo volume”.

nettuno: la storia del motore a precamera di maserati

L’eccezionalità del risultato finale è racchiusa tutta nei numeri del Nettuno. “La precamera ci permette di ottenere potenze specifiche non indifferenti. Il Nettuno in versione stradale sull’MC20 ha 630 cavalli, quindi 210 cavalli/litro, che per un V6 è decisamente una cifra da guardare.  Adesso ci sono altri sviluppi in corso, applicazioni non più stradali ma da pista, in cui arriveremo a potenze ancora più elevate. La precamera ha un contributo fondamentale, massimizza le prestazioni perché sviluppa questa combustione molto veloce e quindi permette di estrarre molta energia e potenza anche da un motore abbastanza piccolo”. Una delle applicazioni da pista in arrivo è già stata annunciata lo scorso luglio. “Su Project24 arriveremo a 740 CV, quindi si parla di 247 cavalli/litro, che è abbastanza impressionante. In realtà, quasi il 90% del motore è esattamente uguale a quello di MC20 omologato per la strada. Su MC20 abbiamo lavorato pensando al prodotto come un animale da pista, quindi fin dall’inizio abbiamo lavorato per le prestazioni allo stato puro. Su Project24 c’è comunque qualche piccola miglioria. Il turbo ad esempio avrà dimensioni leggermente maggiori per aumentare la portata d’aria e quindi massimizzare le prestazioni della precamera”.

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I motori termici tradizionali allo stato dell’arte oscillano in un’efficienza termica compresa tra il 30 e il 35%, con cui si esprime il rapporto tra l’energia meccanica utile e quella chimica presente nel carburante. Il Nettuno però si spinge ancora oltre questi limiti. “Come rendimento termico preferisco non dare dati precisi, ma siamo tra il 35 e il 40%.  La precamera ci ha permesso di ottimizzare anche quello”, rivela l’ingegner Tonietto. Il V6 di Modena ha ancora tanto da dare e l’impressione è che debba ancora mostrare il suo massimo potenziale. In attesa di vedere quale destino lo attenda, il Nettuno si pone però già come una delle più belle pagine nella storia ingegneristica italiana.

FP | Carlo Platella RIPRODUZIONE RISERVATA

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