Tra il 2003 e il 2006, la versione sportiva della Fiat Punto adottò l'unità da 133 CV della famiglia modulare prodotta a Pratola Serra
Le versioni più divertenti della prima Fiat Punto, così come della mitica Uno prima di lei, sono ricordate per l’utilizzo, ai tempi ancora in parte pionieristico, di piccoli motori turbo. La seconda generazione dell’utilitaria però, intorno al 2003, attuò una parziale inversione di tendenza affidandosi a un aspirato di cilindrata abbondante e non privo di finezze tecniche.
La famiglia modulare
Quell’unità non derivava dalla celebre serie Fire, ma apparteneva a una nuova famiglia progettata per sostituire quelle dei precedenti motori bialbero di Fiat e Alfa Romeo, ottenendo anche derivati a gasolio, in modo da razionalizzare la produzione e i costi.
Prodotta nello stabilimento di Pratola Serra, in provincia di Avellino, da cui presero il nome, questi motori a quattro e cinque cilindri avevano nel 1.8 una delle unità di cilindrata minore insieme al 1.4 12V, mentre per gli altri si andava dai 2 ai 2,4 litri.
Il vano motore della Fiat Punto HGT Abarth del 2000
Tecnica raffinata
Indipendentemente dalla versione, questi motori adottavano una serie di accorgimenti che li rendevano, ad esempio, predisposti per essere sovralimentati (cosa poi accaduta soltanto ad alcuni) e dotati all’occorrenza di alberi controrotanti di equilibratura, utili specialmente nel caso dei 5 cilindri.
La vera chicca, per i benzina a 16/20 valvole con punterie idrauliche tra cui rientra il “nostro” 1.8, era però rappresentata dal variatore di fase, che rendeva più flessibile il timing delle valvole ottimizzando il riempimento dei cilindri sia ai medi sia agli alti regimi.