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Moto a 2 o 4 cilindri: pro e contro

moto a 2 o 4 cilindri: pro e contro

Moto a 2 o 4 cilindri: pro e contro

Quando ci si trova a dover scegliere una nuova moto, può davvero capitare di essere assaliti dai dubbi. Non accadrà se il cambio moto è dettato dall’innamoramento per un determinato modello, ma se invece l’avvicendamento segue una sorta di tradizione, come per chi sistematicamente cambia moto ogni anno o due, ci si può trovare in situazioni in cui il dramma di non saper dove volgere lo sguardo è reale. Ancora peggio, se la moto in questione è la prima. Si fa per scherzare, ovviamente, è un lusso che in molti vorrebbero potersi permettere, ma un breve periodo di incertezza è lecito e comprensibile. Per chi non possieda una fede incrollabile in un determinato marchio o in una determinata soluzione tecnica, l’indecisione può lavorare su più fronti.

Anteriore da 17 o da 19? Da 19 o 21? Naked o carenata? 2 o 4 cilindri? Proprio quest’ultima scelta è tra quelle più determinanti, non in termini di destinazione d’uso della moto ma di certo in quanto a caratteristiche di guida e a carattere.

Partiamo dal presupposto che non esistono una soluzione migliore e una peggiore. Ogni tipo di motore ha le proprie peculiarità e i propri punti forti. E prima di calarci all’interno delle caratteristiche dei due motori ecco una breve introduzione di storia recente.

 

Il motore a due cilindri, in particolare con architettura a V, è la soluzione che, se parliamo di sportive, distingueva fino a qualche anno fa per lo più le moto italiane, ad esempio tutte le Ducati fino alla Panigale 1199 e la mitica Aprilia RSV Mille nelle sue due versioni. Ci sono state naturalmente eccezioni come la Honda VTR 1000 (la T del nome sta per ‘twin’), sviluppata per la Superbike e proprio per lottare contro Ducati sul terreno di gioco preferito della casa bolognese. Ci fu un mezzo tentativo di Suzuki di mettersi in gioco tra le derivate di serie con una bicilindrica, con la TL 1000 R, ma non andò a buon fine. Quello stesso motore equipaggiò tuttavia, sempre in Superbike, la Bimota SB8K.

Il quattro cilindri, in molti casi in linea, è invece il frazionamento tradizionalmente preferito dalle giapponesi, a fine anni ’90 in Superbike tutte le giapponesi correvano con motori a quattro cilindri, limitati nella cilindrata a 750 cc (questo perché a parità di cilindrata un motore più frazionato riesce mediamente ad erogare maggiore potenza, quindi le 4 cilindri erano limitate a 750 per equipararsi ai 1.000 a 2 cilindri), mentre appunto Ducati e Aprilia partecipavano con delle V2 da 1.000 cc.

Questa, tuttavia, non è mai stata una regola, se mai una tendenza. Oggi la distinzione non è più netta come qualche decennio fa, anzi, probabilmente è del tutto sparita. Ducati e Aprilia per le loro ammiraglie sportive sono passate al 4 cilindri a V, e tra le giapponesi di media cilindrata sono diffusissimi i bicilindrici paralleli.

 

Già all’avviamento la distinzione è netta. Più muscoloso il suono del 2 cilindri, spesso più rumoroso in termini assoluti, più lineare quello del 4. È una differenza che si riscontra anche in termini di erogazione. I motori a due cilindri danno il meglio di sé nella prima parte della curva di erogazione della potenza, si riconoscono subito per la prontezza già dai bassissimi regimi e per la schiena ai medi, tendono poi a non averne più molto agli alti (ovviamente c’è moto e moto, probabilmente, una Panigale V2 continuerà a spingere bene anche in alto…).

Discorso inverso per il quattro cilindri, che è solitamente più piatto e vuoto fino a circa metà dell’arco di giri, per poi esplodere agli alti. Per questa sua caratteristica linearità nella prima parte della curva di erogazione, il quattro cilindri viene spesso, impropriamente, definito come ‘elettrico’, semplicemente per la sua regolarità e la dolcezza nel mettere a terra i cavalli. Mediamente, le moto con propulsori a quattro cilindri hanno vibrazioni inferiori di quelle a 2.

Queste peculiarità si traducono in chiare differenze nella tecnica da adottare per guidare i due tipi di motore. Il due cilindri è sicuramente più efficace sulle strade di montagna più tortuose, questo appunto perché ha la coppia subito disponibile, ed è quindi se vogliamo più divertente, più facile da portare fuori dalle curve e richiede minore impegno per tenere un passo allegro.

Il quattro cilindri invece dà soddisfazione dove la strada si allarga, dove la velocità media si alza ed è meno laborioso far cantare il motore. Tendenzialmente comunque andranno utilizzate marce corte, se si vuole andare ‘forte’, per quanto sia concesso su strada aperta al traffico naturalmente.

Discorso a sé per l’impiego in pista, ambiente dove c’è tutto lo spazio necessario per esprimersi e far urlare il motore, anche il più difficile.

 

Non esiste una regola valida sempre. Per le caratteristiche sopra elencate il motore a quattro cilindri può tuttavia essere considerato una buona scelta per il neofita. Il 4 è mediamente più trattabile ai bassi regimi e, dando il meglio di sé agli alti, può essere usato senza che ci metta in difficoltà. In altre parole, va davvero forte solo se glielo chiediamo insistendo sopra i 6.000 o 7.000 giri. Altrimenti, rimane dolce e mansueto. Per contro, per sfruttarlo appieno su strada servono davvero mani esperte.

Il bicilindrico come detto è molto più pronto, è quindi più facile che metta in difficoltà chi non è preparato a gestire una bella dose di coppia subito disponibile.

Queste sono linee guida generali, ma con le attuali soluzioni elettroniche ogni motore può essere personalizzato e se necessario ‘calmato’ con mappe dedicate alla guida sul bagnato e con numerose impostazioni motore e controlli elettronici. È quindi difficile sostenere che un bicilindrico moderno possa davvero mettere in difficoltà chi non è molto esperto. Tanto più che moto di media cilindrata come possono essere Kawasaki Z650 o Yamaha MT-07 sono bicilindriche ma nascono proprio per essere facili, leggere e sfruttabili da tutti. Il discorso è valido se mai per motori “vecchia scuola”.

 

Sembrerà banale, ma i motori a tre cilindri come possono essere quelli di Triumph o il propulsore 900 cc della Yamaha MT-09 hanno caratteristiche intermedie tra il 2 e il 4. Già il suono è particolare, un sibilo medioso per la verità più simile a quello del 4 cilindri. L’erogazione poi è proprio una via di mezzo, decisamente più pronta ai bassi e ai medi rispetto ad un 4 cilindri, ma meno prepotente rispetto al 2; agli alti poi non allunga come un 4 cilindri ma di sicuro ha più fiato di un bicilindrico. A livello di linearità e vibrazioni è invece più vicino al 4 cilindri che al 2.

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