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Mercedes SL, cabriolet perfetta per un American Gigolò

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Mercedes SL, cabriolet perfetta per un American Gigolò

Sulle note Call Me dei Blondie, una cabriolet nera sfreccia per la litoranea di Los Angeles. A bordo c’è un gigolò sale e pepe che farà impazzire milioni di spettatrici in tutto il mondo, affermandosi allo stesso tempo – come ci svela recentemente Breat Easton Elllis nel suo saggio White – come primo divo di Hollywood amato da tutti gli uomini d’America: il tenebroso di Richard Gere. Noi che siamo più concentrati sui cavalli ruggenti che sui bicipiti scolpiti del gigolò americano, ricordiamo più che altro la sua bella Mercedes SL R107 4.5, modello amatissimo della casa di Stoccarda che, a malincuore, mandava in pensione la leggendaria SL “Pagoda” – nomignolo derivato dalla forma concava dell’hardtop.

Nel dramma diretto da Paul Joseph Schrader, il belloccio tutto completi grigi ghiaccio e cravatte fantasia viene messo al volante di un vero e proprio “American dream” made in Germany, capace di rappresentare alla perfezione lo status-symbol necessario alla trama. Dotato di doppi fari, e paraurti massicci e sporgenti che si fondevano con la consueta e accattivante linea da sempre marchio di fabbrica Mercedes, la spider del nostro gigolò, era più una macchina da passeggio che da corsa. Complici quei cavalli in meno per rispettare le severe norme antinquinamento imposte negli dagli States.

Presentata al pubblico nel 1971, la nuova SL serie R017, doveva rimpiazzare la “Pagoda”, apprezzatissima spider d’epoca, mettendo sui listini della casa automobilistica di Stoccarda una nuova cabriolet di lusso a due posti, con configurazione in hardtop o con la più classica capote di tela. Prodotta fino al 1989, la nuova SL prevedeva anche la configurazione coupé C107, siglata SLC. Prodotta in quasi 240mila esemplari, la serie R107 SL, passò il testimone alla roadster R129, una Mercedes dalla linea più morbida, come tutte le Mercedes che impareremo a conoscere dagli anni ’90 in poi.

Il modello che appare nel nostro film – dove per inciso il ruolo del protagonista Julian Kay era stato pensato inizialmente per il superman Christopher Reeve e poi per il danzerino John Travolta – era una Mercedes-Benz “450 SL” del 1976 per il mercato americano, di quelle che si aggiudicarono il soprannome di “panzerwagen” a causa delle specifiche richieste dalle normative per i crash test.

Per soddisfare le normative statunitensi in fatto di sicurezza, infatti, la scocca della SL venne irrobustita aumentando la massa della vettura che avrebbe richiesto un motore più potente rispetto al Pagoda. Le 350 SL standard erano equipaggiate con un motore V8 M116 a iniezione da 205cv, mentre le vetture destinate al “Nuovo continente”, le 350 SL 4.5, erano equipaggiata da un V8 da 4.5 litri con prestazioni limitare a 195cv. Nel Vecchio continente i motori V8 alloggiati sotto il cofano della della nuova SL furono molteplici: 350, 420, 450, 500, e forse il più ambito dagli amatore e dai collezionisti: il V8 380.

“Gli anni ’80 sono stati come una lunghissima festa su un transatlantico mentre da una qualche parte nella lontana Europa dell’Est o su qualche isoletta dimenticata da Dio qualcuno può far comparire improvvisamente un iceberg e far sprofondare tutto in un lunghissimo inverno nucleare. Ma se a questa festa posso arrivarci guidando una Mercedes SL450 cabrio è già qualcosa”, è la forse la citazione che meglio di tutte da una cifra a questo film disinibito. E ci ricorda bene cosa volesse dire, per una parte del mondo, godersi quei nuovi anni ruggenti da Jay Gatsby – anche se si era nati Gatz – che tra yuppismo e reganismo assistevano al crollo del muro di Berlino; e alla scoperta del sogno americano che oltre la cortina di ferro poteva essere noto solo alle spie. Ce lo raccontano bene film come Good Bye Lenin, e ancora meglio la serie spy-pop Deutschland 83.

Ricalcando sul vecchio adagio di saggezza del magnate Aristotele Onassis, il quale ci ricordava quanto fosse “Meglio essere infelici sui cuscini di una Rolls Royce che sulle panchette di un tram”, il gigolò americano ci mostrava il disincanto nella tragedia umana che fatichiamo a comprendere ancora oggi. Mentre qualcuno, in una exclave fortezza nel cuore dell’Europa, o in una preziosa isola nel Mar Meridionale cinese potrebbe anche far ricomparire improvvisamente quell’iceberg. Noi se potessimo, arriveremmo alla festa con un Mercedes SL “Gullwing” del ’63, ascoltando Keine Heimat degli Ideal. Ma speriamo fortemente che la festa ricominci, all’insegna della pace, e che non finisca mai.

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