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L'Ue sbanda sullo stop all'endotermico nel 2035 (ma arriva un fondo)

Il commissario Breton sottolinea l'importanza di monitorare tutti i riflessi della decisione, promette più risorse e guarda all'Euro 7

l'ue sbanda sullo stop all'endotermico nel 2035 (ma arriva un fondo)

La definisce la più grande trasformazione industriale che l’Europa abbia affrontato e, perciò, ne ha un po’ paura. Thierry Breton, commissario europeo al Mercato interno e all’Industria, torna sullo stop alla vendita di auto e furgoni con motori termici dal 2035, una settimana dopo l’accordo definitivo fra Europarlamento e Consiglio Ue.

Durante una chiacchierata con vari media europei, tra cui il Corriere della Sera, Breton lancia allarmi e proposte per superare le difficoltà, partendo comunque da una consapevolezza: “Il settore automobilistico fornisce 12,7 milioni di posti di lavoro diretti e indiretti in Europa, pari al 6,6% dell’occupazione totale dell’Ue”. La priorità è mantenere questi i numeri.

Monitorare i progressi

Il commissario paventa la possibile “distruzione di centinaia di migliaia di posti di lavoro”. La sua previsione conta “circa 600.000” occupati in meno a livello europeo, anche se a ben guardare non prende in considerazione tutte quelle che potrebbero essere le nuove professionalità legate alla transizione. “Non mi sono mai preoccupato della capacità dei produttori di accelerare l’elettrificazione”, spiega Breton, “le mie preoccupazioni sono sempre state rivolte alle persone: consumatori e lavoratori”.

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Come scongiurare qualsiasi rischio legato alla transizione? Le idee che Breton porta a Bruxelles sono diverse. Prima di tutto, sostiene l’importanza della clausola di intervento al 2026, data in cui numeri alla mano si potranno iniziare a valutare gli effetti reali delle politiche Ue. A quel punto, se del caso, si potrebbe valutare un allentamento della spinta all’elettrificazione totale, aprendo all’uso di e-fuels e biocarburanti, se si dimostreranno davvero sistemi di alimentazione competitivi a zero emissioni.

“Ora dobbiamo monitorare i progressi, in modo da avere il tempo, se necessario, di aggiustare le traiettorie e considerare altre opzioni tecnologiche. Per questo – arriva al dunque – voglio istituire un gruppo, composto dall’intero ecosistema automobilistico (industria, sindacati, consumatori, produttori di elettricità) per fare il punto sui progressi compiuti. Dobbiamo essere molto vigili visto l’attuale contesto economico. Il gruppo si incontrerà ogni tre mesi”.

Compito del team sarà definire le strategie per garantire una sempre maggiore produzione di energia rinnovabile, favorire l’installazione delle colonnine di ricarica, procurarsi le materie prime per le batterie, riqualificare i lavoratori e abbassare i costi di acquisto iniziali delle vetture, “che restano irraggiungibili oggi per la maggior parte degli europei”. 

Il fondo automotive

Parole che stonano con la linea tenuta finora dalla Commissione Ue, ma tant’è. In ogni caso, la notizia più importante è che Breton pensa di dedicare un fondo alla conversione del settore automotive. L’obiettivo è una transizione “giusta”, soprattutto in aree, come quella “intorno a Torino in Italia o altre in Germania che sentiranno un forte impatto”.

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Più made in Ue

Nel mirino del commissario finiscono anche gli Stati Uniti, accusati di protezionismo dell’industria auto elettrica. L’arma del delitto è l’Inflation Reduction Act, il pacchetto di riforme ambientali e sanitarie che prevede, fra le altre cose, incentivi per vetture a batteria vincolati al “made in Usa”.

Se gli effetti della legge “si stanno già facendo sentire, con diverse aziende che hanno iniziato a dirottare Oltreoceano parti significative della catena del valore europea”, Breton vuole rispondere con una normativa sulle materie prime critiche, che verrà presentata “nel primo trimestre del 2023” e promette “un’industria made in Europe”. La vera partita dell’Europa si gioca sullo scacchiere geopolitico, è qui che occorre come non mai un salto di qualità della governance per non rimanere schiacciati tra Usa e Cina.

Capitolo Euro 7

Intanto, conclude Breton, la Commissione va avanti con i piani sull’Euro 7, perché, nonostante il bando dal 2035, “nel 2050 ci sarà ancora almeno il 20% di auto con motore a combustione sulle strade”. In più, “c’è il rischio che il target del 2035 debba slittare”. E ancora, “molti veicoli saranno usati dal resto del mondo ancora per molto tempo”. Il testo verrà quindi presentato il 9 novembre. Ma molte Case non gli daranno il benvenuto.

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