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Luca De Meo (Renault) – Il minimo di batteria per il massimo dell’uso: è la strategia vincente per l’elettrico

luca de meo (renault) – il minimo di batteria per il massimo dell’uso: è la strategia vincente per l’elettrico

Luca De Meo (Renault) – Il minimo di batteria per il massimo dell’uso: è la strategia vincente per l’elettrico

Al Salone di Parigi, mentre le concept 4Ever Trophy e R5 Turbo 3E, prefiguravano in parte i corrispondenti modelli di serie in arrivo rispettivamente nel 2025 e nel 2023, il ceo del gruppo Renault, Luca De meo spiegava, in un incontro con la stampa italiana, perché è convinto che rappresenteranno un passo importante verso la democratizzazione dell’auto elettrica, cioè quel processo che dovrebbe abbassare la soglia di accesso al mondo a zero emissioni. Anche se resta il nodo della speculazione sulle materie prime, che, secondo il manager, non diminuirà fino a che non si troveranno chimiche che dipendano meno da materiali rari. O non si troverà il modo di usare batterie più piccole per rendere al cliente lo stesso servizio, grazie a una maggiore efficienza e a una rete infrastrutturale più sviluppata.

Luca De Meo, lei ha più volte sottolineato la necessità di democratizzare l’auto elettrica. In pratica, come si fa?

La piattaforma che starà sotto la R4 e la R5 (la CMF-B Ev, ndr) è tecnicamente la più competitiva in Europa dal punto di vista dei costi. E saremo i primi ad arrivare nel mercato, perché immaginiamo il gruppo Volkswagen arrivare uno o due anni più tardi. Poi possono esserci pianali cinesi, che paiono interessanti e saranno probabilmente competitivi, ma dobbiamo esaminarli meglio. Per quanto riguarda l’architettura nostra, posso dire che rispetto a quella di una Mégane E-Tech (CMF-EV, nativa elettrica, ndr), quella delle future R4 e R5 sarà del 30-35% inferiore. Questo è quel che possiamo fare. Poi è chiaro che rispetto a una classica segmento B a combustione le macchine elettriche costano di più, questa è la verità. Anche se, a ben pensarci, tutti i materiali che sono in una batteria rappresentano l’equivalente del pieno in fondo con l’elettricità tu non fai che eccitare dei materiali perciò è come se io ti consegnassi una macchina a combustione con, diciamo, il 30% della benzina che consumerai nel ciclo di vita già stivata a bordo. Tutti quanti si fissano sul prezzo, ma bisogna guardare al costo di utilizzo, quindi anche all’elettricità è per questo che con Macron si è parlato della necessità di trovare un minimo di regolamentazione delle tariffe dell’energia nonché alla manutenzione, che è inferiore. Alla fine, noi le venderemo quasi tutte in leasing, con contratti di noleggio, lo vediamo già con la Mégane, non c’è quasi nessuno che la compra cash Quindi, se è vero che magari a listino una Bev di fascia B ti può costare 5-6 mila euro in più di una corrispettiva termica, e questo può essere uno shock, simulando le rate mensili ottieni dei prezzi che non sono distanti da quelli delle macchine tradizionali. E questo è un tema.

L’altro?

L’altro è che, con l’introduzione dell’Euro 7, i costi delle macchine a combustione saliranno, anche di 1.700 euro a macchina. Quindi, questa è la verità, il punto di pareggio tra elettriche e termiche si raggiungerà presto, ma livellato verso l’alto. I valori residui delle elettriche però sono mediamente più alti. Alla fine, ti potrai comprare una Clio a 250 euro al mese e una R5, elettrica, quasi allo stesso prezzo.

Ma quando scenderanno i costi, per esempio delle batterie?

Difficile dirlo, perché non c’è in gioco anche una componente speculativa. Alla fine, il costo di una batteria è fatto all’80% dalle materie prime, e se queste sono sottoposte a speculazioni come in questo momento Cosa che continuerà, perché se sei un produttore cinese e detieni l’80% dell’industria della raffinazione dei materiali e i materiali sono scarsi e c’è una domanda che sale, che fai? Fai quel che fa la Russia con il gas, o no? Noi possiamo fare del nostro meglio per migliorare la chimica, il software e processi di manifattura più efficienti, ma poi sei sempre soggetto al prezzo del cobalto che raddoppia, hai margini di manovra ristretti

Un vicolo cieco?

Ci sono delle possibilità. Una è cercare di sviluppare delle chimiche meno dipendenti da materiali rari, per esempio le batterie al ferro-fosfato anche se sono meno performanti di quelle al litio. L’altra, che secondo me è la migliore dal punto di vista strategico, è quella di cercare di mettere il meno possibile di batteria nei nostri veicoli per fornire lo stesso servizio, puntando sul miglioramento delle infrastrutture. Del resto, ci sarebbero anche ragioni ambientali, quando sento degli americani che vogliono fare pick-up elettrici con 150-200 kWh di batterie, quello è un obbrobrio ecologico. Vincerà chi riuscirà ad utilizzare la batteria più piccola possibile in relazione all’impiego dell’auto, cioè per rendere lo stesso servizio al cliente finale.

In quest’ottica, come vedete il battery swap, la cui idea era stata carezzata da Renault molti anni fa, e che oggi propongono alcuni brand cinesi?

La vedo un po’ complicata, soprattutto per gli investimenti richiesti per la realizzazione delle stazioni di cambio delle batterie. Potrebbe essere interessante invece il concetto di sostituire gli accumulatori dopo tre o quattro anni, magari dirottandoli su una vettura di seconda mano, e installare un pacco nuovo e magari nel frattempo aggiornato nella tecnologia, nel rendimento

Lo stato di salute dell’Alleanza con la Nissan?

Ci stiamo lavorando, perché, essendo in mezzo al guado da ormai quattro anni, mi sono preso la briga tra le mille cose che devo fare di trovare il modo per creare un dialogo costruttivo con il management di Nissan, e credo che ormai ci sia un buon grado di confidenza soprattutto con Uchida (Makoto Uchida, ceo Nissan, ndr), che è il mio interlocutore quotidiano. Vi potrà confermare che i colloqui sono molto fluidi, perché è chiaro che bisogna reinventare l’alleanza. Credo che nessuno abbia davvero pensato a un divorzio come esito finale, ma è chiaro che l’attuale set-up vada cambiato. Veniamo da vent’anni di collaborazione e perciò è logico che abbiamo un sacco di iniziative in comune, ma ci sono cose che potremmo fare meglio.

Cioè?

Poiché la mia priorità è quella di creare le condizioni perché la Renault sia innanzitutto un’azienda competitiva, devo avere la mia agilità strategica per prendere certe decisioni e fare il mio piano, che poi è quello che presenteremo l’8 di novembre. Per essere competitivi, non possiamo adagiarci semplicemente sulla relazione con la Nissan, perché alla lunga perdi un po’ il muscolo. come quando in un rapporto di coppia uno dei due non lavora o non ha reddito. Sono sempre quelle cose un po’ squilibrate.

Quindi c’era, quando lei è arrivato, una situazione sbilanciata, sul piano tecnologico, a favore della Nissan

Direi di sì. Però la situazione sta cambiando.

In che senso? Le due case saranno più autonome, anche con la diminuzione della partecipazione azionaria della Renault nella Nissan?

Stiamo negoziando su tre diversi livelli: primo, possiamo fare dei progetti assieme che vadano bene a entrambi? Secondo, possiamo ciascuno riprendere la propria agilità strategica per fare delle cose, alle quali magari l’altro partner partecipa se vuole? Infine, rivedere la governance, perché il contratto che oggi regge tutta la governance è un po’levantino. Vogliamo tornare a un rapporto di partecipazione azionaria incrociata che sia normale, lasciatemelo chiamare così. Non abbiamo ancora un accordo, perché è una situazione iper-complessa, ma la conversazione è sana.

In Corea del Sud avete sviluppato una cooperazione con la cinese Geely. Ci spiega come è nata e se può avere sviluppi ulteriori?

Noi abbiamo un ottimo rapporto con Geely, e io personalmente anche con Li Shufu (il suo fondatore e presidente, ndr), che è un personaggio notevole Loro lì, in Corea, ci hanno un po’ salvato la situazione, perché la Nissan a un certo punto decide di riportare in Giappone la produzione della Rogue, l’omologa dell’X-Trail  venduta negli Usa, che costituiva i due terzi dell’output della fabbrica di Busan. Decisione legittima, ma che ci ha un po’ lasciati con il cerino in mano Noi di vetture grosse di segmento D-E non le vendiamo in nessuna parte del mondo, perciò non si giustifica fare una piattaforma dedicata, solo per saturare quella fabbrica. Del resto di chiuderla non se ne parla, perché ci costerebbe miliardi farlo. Geely è stata l’unica a darci una mano, fornendoci l’architettura di fascia D, quella della Volvo XC60, da cui nasceranno un paio di vetture per il mercato locale, ibride da 240 CV, e noi in cambio gli stiamo dando il 34% della società, la RKM, cioè Renault Korea Motors, il cui marchio è un tifone. Faremo anche degli esemplari col marchio Renault da vendere all’estero, forse anche in Europa. Ma lì dobbiamo ancora decidere, se usare quella piattaforma oppure fare qualcosa impiegando quella della Austral.

Tornando in Europa, gli sviluppi più recenti, dalla guerra alla crisi energetica fino al ricambio al vertice del gruppo Volkswagen, stanno causando un cambio di rotta sulla transizione ecologica da parte delle istituzioni europee?

No. Semmai sono i governi nazionali basta sentire certe discussioni che facciamo qui in Francia o certe posizioni espresse dal governo uscente italiano a farci sperare che si esca un po’ da quello che si può definire pensiero unico. Nessuno può dire che la Renault non creda nell’elettrico, e io sto cercando di mettere l’azienda nelle condizioni di essere una marca 100% elettrica non nel 2035, ma già nel 2030. Ci provo, anche se alla fine l’ultima parola la dice il mercato, i clienti. Ma al di là di ciò, è necessario avere un piano B e magari anche C. Non si può scommettere su un colore e un numero soli. Soprattutto con mega-sistemi come quello automotive. Quindi ci vuole il piano B. quello che facciamo con Dacia, per esempio, o con l’idea della separazione della business unit dei motori termici, per guadagnare più scala così da cercare competitività e anche liquidità da investire in tecnologie alternative, come i sistemi ibridi, i carburanti biologici o sintetici e l’idrogeno. In precedenza l’Europa aveva sempre seguito il principio della neutralità tecnologica (fissare gli obiettivi ambientali e lasciare all’industria il metodo per raggiungerli, ndr), questa volta no.

Perché?

In parte è legato a questa convenzione, diciamo, per cui si è deciso di calcolare l’impronta carbonica di una vettura dal serbatoio alla ruota anziché l’impatto totale. Noi sosteniamo che si debba calcolarlo dalla culla alla tomba cioè sull’intero ciclo di produzione, che è quello che ti fa capire quale sia veramente il bilancio, perché quella è la verità. Se usi quel metodo, scopri che alcune soluzioni di motore a combustione, magari ibride o con carburanti sintetici, per certe utilizzazioni possono essere persino meglio. Insomma, ci dicano dove dobbiamo arrivare, ma ci lascino liberi di scegliere quali strade percorrere.

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