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Le batterie durano di più con la "ricarica mirata"

Alla Stanford University si è scoperto che controllando i flussi di corrente sulle singole cella si riduce la perdita di prestazioni

Come si fa a far durare più a lungo una batteria? Basta caricarla indirizzando l’energia elettrica nelle singole celle invece che buttarla indiscriminatamente all’interno dell’accumulatore. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi, ma alla Stanford University, intanto, si è portata alla luce questa scoperta.

Un team di ricercatori dell’istituto californiano ha pubblicato uno studio che dimostra come facendo fluire la corrente elettrica all’interno delle singole celle possa infatti ridurne enormemente l’usura.

Si guadagna almeno il 20%

Simona Onori, professoressa e autrice della ricerca, ha detto che dopo una serie di simulazioni iniziali si è capito che le batterie gestite con questa nuova tecnologia potrebbero durare almeno il 20% in più. E potrebbero farlo anche con cicli di carica-scarica ad alta potenza.

La novità dello studio sta nel fatto che, a differenza di quanto si fa di solito, si è ragionato per singole celle. Fino ad oggi, infatti, per aumentare le prestazioni di una batteria agli ioni di litio si è cercato di migliorarne il design, la composizione chimica, il sistema di raffreddamento. Ma si è sempre ragionato a livello di insieme.

Un pacco batteria Mercedes

Invece, essendo che le celle si usurano in modo diverso l’una dalle altre, andare a gestire la ricarica così nel dettaglio permetterebbe di sfruttare al massimo le prestazioni residue di ciascun elemento, andando a preservare il buon funzionamento della batteria nel suo insieme.

C’è lo zampino di Tesla

La ricerca degli scienziati della Stanford University è iniziata nel 2020. A dare la scintilla fu l’annuncio di Tesla di voler arrivare a produrre la batteria da un milione di miglia. Ma cosa c’entra Elon Musk? “Fu egli stesso a spiegare che per arrivare a un tale risultato non si doveva lavorare tanto sulla chimica, quanto sule logiche di funzionamento dei cicli di carica e scarica”, spiega ora Simona Onori.

La professoressa Onori è partita quindi da una considerazione precisa: le celle perdono prestazioni meno velocemente delle batterie intere. Come è possibile? La risposta è arrivata dopo una serie di test in laboratorio che hanno mostrato come alcune celle leggermente più degradate di altre portavano la batteria intera ad abbassare la loro capacità di immagazzinare e dare energia.

Una volta capito questo, insieme a due ricercatori (Vahid Azimi e Anirudh Allam), la Onori ha realizzato un modello computerizzato in grado di simulare con estrema precisione il comportamento di una batteria analizzando l’evoluzione di diverse celle e correlando quei cambiamenti alla perdita di prestazioni. “L’esecuzione di simulazioni con il modello ha suggerito che un moderno pacco batteria può essere ottimizzato e controllato gestendo le differenze tra le celle che lo costituiscono”, ha spiegato la Onori.

Capito il trucchetto, non resta che creare dei sistemi di gestione delle batterie in grado di indirizzare la carica alle singole celle. Si tratta di una sfida difficile, che però potrà essere affrontata progettando batterie che, proprio per agevolare questo aspetto, saranno costruite con metodi diversi da quelli attuali.

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