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L’auto e la deroga Ue al bando nel 2035: chi vince e chi perde nella battaglia dei carburanti

l’auto e la deroga ue al bando nel 2035: chi vince e chi perde nella battaglia dei carburanti

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Fra Italia e Germania non esiste alcun asse per evitare la scadenza del 2035 quale fine della commercializzazione europea di auto e veicoli commerciali leggeri con motori a combustione. Volker Wissing, il ministro federale tedesco dei Trasporti, ha ottenuto ciò che aveva sollecitato: il “baratto” con l’approvazione degli e-Fuel che l’Unione Europea sembra intenzionata ad accettare. Il suo collega di partito Christian Lindner è il segretario dei liberali e almeno buon conoscente di Oliver Blume, che è il Ceo di Porsche, il costruttore premium che ha investito in Patagonia nella produzione sperimentale di carburanti sintetici, tra l’altro assieme all’italiana Enel Green Power, e che ha quasi “imposto” la correzione. Il caso rappresentanzaNei giorni scorsi, alla vigilia del voto decisivo degli Stati sul bando del 2035 – Commissione ed Europarlamento si erano già espressi favorevolmente – Wissing aveva fatto sapere che la Germania non avrebbe votato il provvedimento, a meno che l’Europa non avesse preso in considerazione gli e-Fuel come opzione alternativa anche dopo tale data. Il “veto” tedesco è importante perché per il via libera è richiesta una maggioranza non solo politica (15 nazioni su 27), ma anche numerica, ossia in rappresentanza di almeno il 65% della popolazione e la Germania ne vale il 18%. La VDA, la potente associazione dell’industria automobilistica tedesca, così come gli altri alleati dei liberali al governo – i socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz e, soprattutto, i Verdi – appoggiano la scadenza del 2035. Senza contare che i costruttori nazionali, ma anche i fornitori, hanno già investito montagne di miliardi sull’elettrificazione. Il ruolo di BerlinoIl solo Gruppo Volkswagen, che ha lo stesso Ceo di Porsche, Blume, ha annunciato investimenti per 120 miliardi nei prossimi cinque anni tra elettrificazione e digitalizzazione. Qualche giorno fa, inoltre, anche Oliver Zipse, il numero uno della casa bavarese Bmw, che controlla anche Mini e Rolls-Royce (entrambe destinate alla completa conversione a zero emissioni entro una decina di anni), si è espresso a favore degli e-Fuel. Secondo Blume i carburanti sintetici – “prodotti attraverso un processo di elettrolisi che permette di scomporre l’acqua nei suoi due elementi base, vale a dire l’idrogeno e l’ossigeno, utilizzando elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Poi l’idrogeno viene miscelato con la CO2 estratta dall’aria”, come ha chiarito l’inviato de La Stampa a Bruxelles Marco Bresolin – saranno l’alternativa sostenibile anche il trasporto aereo e marittimo. Porsche ne aveva chiesto l’utilizzo anche per alimentare sia la flotta dei propri modelli più datati riducendone l’impronta ambientale sia i bolidi impiegati per i campionati monomarca. Il ruolo della CommissioneL’Italia non è intenzionata ad accettare quella che definisce una “interpretazione indebitamente restrittiva da parte della Commissione del concetto di carburanti neutri” che esclude i biocarburanti. Questi ultimi sono combustibili prodotti con le biomasse, cioè con piante come grano, mais, canna da zucchero o colza, solo per citarne alcune. Il problema risiede nelle emissioni di anidride carbonica durante il processo e nel consumo di terra, acqua e fertilizzanti difficilmente compensabili. L’apertura della Commissione, che intenderebbe concedere una deroga sull’utilizzo degli e-Fuel per veicoli con motori a combustione anche di nuova immatricolazione dopo averne prevista una anche quasi esclusivamente per i costruttori della Motor Valley dell’Emilia Romagna, farebbe cadere il veto tedesco. L’Italia si troverebbe così ad opporsi a un orientamento che gode dell’appoggio dei paesi settentrionali e di altre grandi nazioni. Fra queste c’è la Spagna, dove però lo stesso Gruppo Volkswagen ha anticipato investimenti per 10 miliardi di euro destinati principalmente all’elettrificazione, compresa la fabbrica per le batterie che sorgerà a Valencia. La sola Seat SA, controllata dal colosso di Wolfsburg, in Spagna garantisce ricadute economiche per 21 miliardi l’anno (2,4 miliardi di tasse) e ha una fabbrica anche in Portogallo, grande produttore di litio. L’Italia prova a difendere la propria industria automobilistica, cresciuta soprattutto sulla tecnologia dei motori a combustione, ma per far sospendere la scadenza del 2035 dovrà trovare altri alleati.

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