Lancia – 50 anni fa: la Beta e il rilancio del marchio
Tre cilindrate. La Beta, oltre a segnare il ritorno alla denominazione di un modello sfruttando le lettere dell’alfabeto greco, nasce da un progetto ambizioso (Y1), che vuole riportare il marchio sul palcoscenico internazionale, grazie a concetti nuovi. A cominciare dal design, che rompe con il tema più tradizionale a tre volumi diffuso nella categoria, in virtù della carrozzeria a due volumi, con sei luci e coda tronca. Forme in generale tondeggianti ispirate a una evidente ricerca aerodinamica, che fa subito pensare a qualche contaminazione d’origine francese (in particolare, della Citroën GS del 1970). La berlina italiana vanta quattro porte e cinque posti.
Cambia la disposizione. Sulla Beta cambia pure la meccanica, che diventa di origine Fiat, ma con notevoli perfezionamenti: i motori, sempre inclinati, passano dalla disposizione longitudinale e dal tipo boxer o a V stretta delle precedenti Flavia e Fulvia – a quella trasversale e in linea, tipiche delle recenti realizzazioni Fiat. Il cambio a cinque marce è montato in blocco col motore, entrambi inclinati all’indietro di 20 gradi. La trazione, invece – quella non si tocca – resta anteriore, nel segno della tradizione. E nella stessa direzione va anche il raffinato comparto sospensioni, che è a ruote indipendenti (tipo MacPherson), con barra stabilizzatrice. L’impianto frenante, inoltre, prevede quattro dischi.
Spaziosa. Il format a due volumi regala alla Beta una carrozzeria compatta, lunga 4,29 metri, contro, per esempio, i 4,38 della Fiat 132. Quest’ultima vanta inoltre un passo di 2,56 metri, contro i comunque abbondanti 2,54 della nuova Lancia. Misure oggi normali per utilitarie di segmento B, ma che mezzo secolo fa erano riservate a vetture da famiglia considerate spaziose pure in seconda fila. Degni di nota, all’interno, il piantone dello sterzo regolabile in altezza e in profondità e le bocchette di ventilazione posteriori, all’epoca merce rara nella categoria della Beta. Quanto alle finiture, rimarchevoli i rivestimenti dei sedili, mentre si nota qualche economia d’impronta Fiat per le plastiche.
Così la giudicò Quattroruote. La nostra rivista prova le Beta 1.4 e 1.8 sul numero di giugno del 1973. Riportando i seguenti giudizi: Esterno, linea poco originale, Abitabilità Discreta anche per cinque persone, sedili complessivamente ben studiati. Quanto al posto guida, si dice: ha notevole spazio. Buona la posizione, però il volante (anche se regolabile) è piuttosto basso. Leva del cambio un po’ distante. Si passa poi alla strumentazione: Dotazione di serie molto buona: strumenti non molto ben leggibili, per la grafica e per alcuni riflessi. Finitura: Buona. Migliore la versione 1800 nei rivestimenti. Ed eccoci al vano di carico: Bagagliaio ampio e ben sfruttabile. Facili le operazioni di carico per il pianale basso. E sul cuore delle Beta: Motore pronto e potente in entrambe le versioni. Elasticità notevole. Rumorosità avvertibile solo dopo i 5000 giri/min. Quanto alla guida, eccoci allo sterzo. leggero e troppo demoltiplicato. Influisce sul comportamento su strada. Apprezzabile nella marcia a bassa velocità in città e in manovra. Una voce importante, quella del consumo: Nel complesso accettabile. Più contenuto quello della 1400. E si conclude con la tenuta di strada: Molto buona su fondo normale per la classe di vettura. Al limite si avverte nettamente la trazione anteriore e quindi l’effetto sottosterzante. Tirando le somme, ecco i pro e i contro della prova. Tra le voci positive rientrano il confort eccellente, il motore buono e l’apprezzabile elasticità di marcia. Tra i difetti, lo sterzo demoltiplicato e leggero, la scarsa visibilità posteriore e la linea poco Lancia. Oggi, soprattutto le versioni sportive della Beta sono sempre più ricercate, mentre le berline presentano quotazioni piuttosto abbordabili.