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La tumultuosa storia di Stellantis in Cina: a che punto siamo

Dal fallimento della joint-venture FCA-GAC alle parole di Carlos Tavares, come si può fronteggiare l'espansione dei brand del Dragone?

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Quello tra Stellantis e la Cina è un matrimonio difficile. Solo pochi mesi fa il gruppo automobilistico italo-francese faceva sapere di aver rafforzato la propria posizione nel mercato del Dragone e di avere tutte le intenzioni di porre “solide basi per un’espansione a lungo termine”.

Ora invece lascia fallire la joint-venture tra FCA e GAC, finalizzata alla produzione di Jeep nella fabbrica di Changsha. Sembra l’ultimo passo di un netto cambio di direzione nei confronti della Cina, confermato anche dalle parole del ceo Carlos Tavares, molto critico nei confronti delle Case con sede all’ombra della Grande Muraglia. Ma cosa sta succedendo? Per capirlo, bisogna fare un passo indietro.

I nuovi equilibri dell’auto elettrica

Con l’avvento dell’auto elettrica e il settore automobilistico in grande fermento nella corsa verso una mobilità a zero emissioni tutti sanno che si creeranno nuovi equilibri. Le Case occidentali pensano quindi di poter trovare terreno fertile in Cina (il più grande mercato al mondo per le vetture a batteria) e avviano piani di conquista.

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La realtà, però, è ben diversa. In generale i brand occidentali stanno facendo fatica ad affermarsi e anzi, oltre a non riuscire a sfondare, si trovano ora tanti costruttori cinesi pronti a battagliare sui propri mercati, Europa in testa. Quella che sembrava un’opportunità, insomma, si sta trasformando in una specie di trappola.

Una storia in rapida evoluzione

In questo scenario Stellantis non fa eccezione: vive un destino comune a tanti altri brand. Solo a gennaio 2022 annuncia di aver consolidato la propria posizione in Cina e, per usare le parole di Gregoire Olivier, coo del gruppo in quel Paese, “di considerare la Cina un mercato strategico dal potenziale ancora inesplorato”. Quel mese è anche programmato un aumento di partecipazione nella joint venture con GAC, con FCA che passava dal 50 al 75% di quota.

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Già a marzo, però, al momento di presentare il piano industriale Dare Forward 2030, per quanto la Cina rimanga tra le priorità, Carlos Tavares parla della necessità di rilanciare vendite e profitti delle due joint-venture locali: quella tra PSA e Dongfeng e quella appunto tra FCA e GAC. Il gruppo ha come obiettivo quello di arrivare in Cina a un fatturato di 20 miliardi di euro entro il 2030 ma la crescita è sotto le aspettative: nel 2021 Stellantis non va oltre i 3,9 miliari di euro tenendo conto di Cina, India e Asia-Pacifico insieme.

A luglio, la decisione definitiva: la partnership FCA-GAC, in piedi dal 2010, si deve fermare. La joint venture continua a registrare perdite e i rapporti, proprio a seguito della volontà di Stellantis di acquisire una posizione dominante, si incrinano. Inutile insistere. Tavares annuncia la cessazione delle attività. Oggi, l’ultimo capitolo della vicenda: la joint-venture FCA-GAC dichiara fallimento. Stellantis conferma di continuare a dare assistenza ai clienti Jeep attuali e futuri in Cina, ma di aver deciso di presentare istanza per essere ammessa alla procedura fallimentare.

Le dichiarazioni di Parigi

Oltre a mosse che sono dettate dalla normale attività di gestione di un’azienda, Carlos Tavares, durante il Salone di Parigi, dove le Case cinesi si presentano in forze, si lascia andare a considerazioni molto critiche nei confronti di quei marchi. Il ceo di Stellantis ribadisce che l’Europa dovrebbe imporre dazi in ingresso pari a quelli che i costruttori europei devono sostenere per vendere in Cina. “Molto semplicemente – dice Tavares – dovremmo chiedere all’Europa di praticare le stesse condizioni di quelle a cui noi dobbiamo sottostare per operare in Cina”.

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Se i brand cinesi pagano il 10% per importare auto nel Vecchio Continente, le Case occidentali devono far fronte a tariffe comprese tra il 15% e il 25% per vendere laggiù auto costruite in Europa. Praticando prezzi più accessibili, possono conquistare quote di mercato crescenti del mercato delle auto elettriche (ora, secondo un rapporto di Transport & Enviroment, sono al 5%). “Il mercato europeo è completamente aperto ai cinesi e non sappiamo se la loro strategia sia quella di conquistare quote di mercato pur andando in perdita e di alzare i prezzi in un secondo momento”, aggiunge Tavares.

Cosa succederà? Difficile dirlo. Però, come afferma un recente studio di S&P Global sulla mobilità elettrica, le Case cinesi, per la prima volta nella storia, hanno davvero la possibilità di stabilirsi in Europa in modo concreto.

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