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Ferrari V6, tutte le rosse con il motore più piccolo

Dalla prima Formula 2 dotata del motore Dino alla 296 GTS, tutte le auto, stradali e non, a sei cilindri nate a Maranello

ferrari v6, tutte le rosse con il motore più piccolo

Con la nuova Ferrari 296 GTB, il Cavallino ha messo in strada il motore più piccolo della sua storia recente, un V6 di appena tre litri, anche se sovralimentato e inserito in un sistema ibrido che genera la stessa potenza massima dei grandi V12.

Se però guardiamo indietro, questo sei cilindri non è l’unico V6 della storia Ferrari e nemmeno il più piccolo mai prodotto, né sui modelli stradali né tantomeno su quelli da competizione, dove la configurazione V6 non è stata poi così rara.

Il primo negli Anni ’50

A Enzo Ferrari, si sa, non piacciono molto i motori diversi dai V12 e soprattutto non gli piace che stiano dietro. Per convincerlo a mettere in produzione un’auto di serie a motore posteriore ci vogliono quasi vent’anni, ma prima ancora ci vogliono alcune convincenti esperienze nelle competizioni iniziate con un progetto voluto da suo figlio Alfredo, detto “Dino”. Nome che dopo la scomparsa di quest’ultimo, avvenuta nel 1956, passa al propulsore e di qui ad alcune delle auto che lo montano.

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Ferrari 156 F2 1957

Il motore nasce intorno a una speciale architettura con un angolo tra le bancate di 65°, scelta per ricavare più spazio in cui posizionare collettori e carburatori ottenendo un insieme compatto ma ad alto rendimento. La prima versione equipaggia la Ferrari 156 F2, che come suggerisce la sigla ha una cilindrata di 1,5 litri, limite imposto dal regolamento, e appunto sei cilindri, per 180 CV di potenza.

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Ferrari “Dino” 246 F1 1958

La 156 F2, che corre nel campionato di Formula 2 del 1957, è la base per lo sviluppo della vettura che dall’anno seguente deve sostituire la 801, nata da un progetto Lancia. A questo modello, che prende nella sua versione definitiva la sigla 246 F1, si arriva però con progressivi aumenti di cilindrata, prima 1,8, poi 2,2 e infine 2,4 litri e 285 CV, tutti collaudati nelle prime gare della stagione 1958.

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Ferrari 246 P 1960

Per il 1959 ne viene realizzata anche una variante da 2.5 litri e 290 CV, indicata talvolta nelle cronache come 256 F1 o ancora come 246 F1, che corre fino all’inizio del 1960. In quell’anno, per restare al passo con la concorrenza, anche Ferrari si decide a introdurre una monoposto con il motore posteriore, la 246/256 P, che riparte da questa unità ma ha ancora bisogno di essere sviluppata a dovere.

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Ferrari 156 F1 1961 – trasparenza

La svolta arriva nel ’61 con la 156 F1, che monta il motore ormai noto a tutti come “V6 Dino”, tornando all’originale cilindrata di 1,5 litri nel frattempo diventata lo standard in F1. In realtà il V6 è una versione nuova, modificata nelle misure di alesaggio e corsa, che produce 185 CV, 5 in più dell’originale. Accanto ad esso, il team Ferrari sviluppa anche un secondo V6, con angolo di 120°. Questo sostituisce del tutto il Dino nel 1963 prima di lasciare a sua volta il posto alla 158 F1 a otto cilindri.

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Ferrari Dino 166 F2 1967-68

Il V6 torna in Formula 2 nel 1967 con la Dino 166 F2, costruita in sette esemplari. La sua omologazione incontra difficoltà, non perché abbia problemi tecnici quanto per i vincoli regolamentari. La FIA richiede infatti che il blocco motore derivi da quello di un’unità costruita in serie in non meno di 500 esemplari entro l’anno precedente. Come Ferrari risolve la questione è spiegato nel capitolo dedicato alle Dino stradali.

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Dino 196 Sport 1958

Le Sport

Nel 1958, mentre il motore Dino affronta i primi sviluppi sulle monoposto, Ferrari prova a trapiantarlo anche su una vettura Sport. L’unità in questione ha una cilindrata di poco inferiore ai due litri e 185 CV di potenza, dunque l’auto viene battezzata Dino 196 S.

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Ferrari 246 SP 1962

Da questo motore derivano altre due unità, che hanno però l’angolo tra le bancate ridotto a 60°: uno equipaggia la 196 SP del ’62, che lo monta però posteriormente, mentre l’altro, che ha una cilindrata di 2,4 litri, esordisce già nel 1960 sulla 246 SP.

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Ferrari Dino 166 P 1965

La successiva Ferrari con un V6 Dino compare nel 1965 per competere nel Campionato Sport Prototipi e si chiama 166 P: ha una cilindrata di appena 1,6 litri per 175 CV e il motore definitivamente collocato dietro l’abitacolo. Viene sostituita nello stesso anno dalla 206 P, con motore da due litri e 218 CV, che sarà anche la base della prima berlinetta stradale della famiglia Dino.

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Ferrari Dino 206 S Spyder 1966

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Il motore della Dino 206 S

Prima di questo c’è però un’altra vettura Sport a sei cilindri: si tratta della Dino 206 S, costruita nel ’66 in una ventina di esemplari, che monta una versione del Dino V6 2.0 rivista, dotata di iniezione meccanica Lucas e con 220 CV di potenza. Ne vengono costruiti vari esemplari con carrozzerie molto diverse, dalle Sport semplicemente private del segmento di tetto sopra l’abitacolo alle vere e proprie barchette aperte.

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Dino 206 GT 1967

Le Dino stradali

Nel 1967 vede la luce la prima granturismo di Maranello dotata di motore V6, che però non porta il marchio Ferrari ma il primo esempio di quello che oggi chiameremmo “marchio spin off” e che, naturalmente, è Dino.

La Casa non vuole svilire la sua reputazione di costruttrice di grandi sportive a 12 cilindri con un modello “d’attacco”, ma al tempo stesso necessita di assicurare al motore una produzione sufficiente (500 esemplari da completare nel ’66) per l’omologazione della 166 F2. Necessità, questa, che ha già dato vita a una collaborazione con Fiat e alla nascita delle Fiat Dino Coupé e Spider, a cui Ferrari aggiunge per buona misura la “sua” Dino

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Dino Berlinetta Speciale Pinifarina 1965

La vettura che debutta al Salone di Torino del ’67 preceduta due anni prima da un prototipo di “Berlinetta speciale” di Pininfarina, si chiama Dino 206 GT ed è molto differente dalle Fiat e dalle Ferrari V6 da competizione: rispetto alle prime monta il V6 di 65° da due litri e 180 CV (che si rivela piuttosto nervoso) in posizione posteriore e trasversale, mentre le Sport e F1/F2 del cavallino lo installano sempre longitudinalmente.

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Dino 246 GT 1971

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Dino 246 GT 1969 – Motore

La Dino 206 GT evolve nel ’69 nella 246 GT, che monta la versione del V6 da 2,4 litri (2.418 cc per l’esattezza) e 195 CV, più potente ma anche più mansueto nell’erogazione del predecessore e con un blocco motore in ghisa meno delicato di quello in alluminio. L’auto ha il passo leggermente più lungo, pochi cm, anche se i primissimi esemplari vengono realizzati utilizzando gli ultimi telai costruiti per le 206.

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Dino 246 GTS 1971

Dal ’72 la Dino 246 è anche disponibile nella versione GTS, una spider “targa” con tettuccio asportabile. La produzione cessa nel 1973 dopo circa 3.700 esemplari di cui oltre 1.200 GTS, e chiude il capitolo dei V6 Ferrari stradali. La successiva Dino GT4, disegnata per la prima e unica volta da Bertone, è una 2+2 con motore V8.

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Il “ritorno” in F1

Ferrari torna a progettare un motore a sei cilindri intorno al 2012, in vista del nuovo regolamento della F1 che per favorire lo sviluppo tecnologico, ha sposato un progressivo downsizing costringendo i costruttori a ridurre gradualmente la cilindrata e il frazionamento. Dopo otto anni di V8 2.4, usati dal 2006 al 2013, è infatti stabilito che dal 2014 le nuove monoposto montino motori V6 sovralimentati, con cilindrata massima di 1.6 litri, affiancati da sistemi di recupero dell’energia.

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Ferrari F14 T 2014

La prima Ferrari di questa nuova era si chiama F14T e sviluppa circa 670 CV a cui se ne aggiungono 160 forniti temporaneamente dal sistema ERS. Nelle successive evoluzioni, il sistema ibrido cresce in potenza fino a raggiungere l’apice con i 1.000+30 CV della SF90 del 2019.

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Ferrari 296 GTB Assetto Fiorano 2022

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Ferrari 296 GTB Assetto Fiorano 2022 – Il motore

La 296 GTB e la 499 P

L’esperienza in F1 si rivela preziosa per Ferrari: nel 2021, poco dopo dopo aver introdotto la prima motorizzazione ibrida plug-in con la SF90 Stradale (un V8 accompagnato da due motori elettrici) la Casa sorprende tutti presentando la 296 GTB, una berlinetta spinta da un V6 e da un sistema ibrido con batteria ricaricabile per un totale di 830 CV. Il sei cilindri 3.0 biturbo da solo ne eroga 663.

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Ferrari 499P

Questa unità fa da base anche al powertrain che Ferrari presenta nel 2022 sulla Hypercar da competizione 499 P, l’auto con cui la Casa del Cavallino celebra il suo ritorno nella classe regina della 24h di Le Mans del 2023.

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