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Ferrari 499P – Dal vivo con Cannizzo: “Dal foglio bianco già 12 mila km di test: ecco com’è nata”

ferrari 499p – dal vivo con cannizzo: “dal foglio bianco già 12 mila km di test: ecco com’è nata”

Ferrari 499P – Dal vivo con Cannizzo: “Dal foglio bianco già 12 mila km di test: ecco com’è nata”

Lo ammetto: quando sono caduti i veli dalla nuova 499P, è stato difficile rimanere insensibili. Questa non è una Ferrari (da corsa) come le altre: e non solo perché è stata attesa per cinquant’anni (dalla 312 P del 1973), ma anche perché nel 2023 andrà a giocarsi la vittoria assoluta nel campionato Fia Wec (il Mondiale Endurance) e soprattutto alla 24 Ore di Le Mans, che ne costituisce il fiore all’occhiello. Il sogno (proibito, fino a qualche anno fa) di molti appassionati di corse, anche più giovani, se si pensa che una parte non indifferente della fama del Cavallino tra gli anni 50 e 60 derivò proprio dalle gare di durata. Tutto ciò rende questo prototipo, che nasce al culmine di due anni di lavoro, davvero speciale. Anche perché il ritorno alla 24 Ore francese in veste completamente ufficiale costituisce una sfida notevole anche per il Cavallino, considerato il livello della preparata e nutrita concorrenza, con la Toyota e la Porsche (che ha però scelto la tipologia LMDh, caratterizzato da un regolamento più restrittivo, con vetture costruite, fra l’altro, sulla base di un telaio da scegliere dai fornitori prefissati: Ligier, Multimatic, Oreca e Dallara) in testa.

Lo stile parla chiaro. Insomma, la 499P, che invece è una LMH (Le Mans Hypercar, ibrida costruita in toto dalla Casa), sa come prenderti allo stomaco, come solo i prototipi sanno fare. A partire dall’aspetto, curato anche dal Centro Stile di Maranello: livrea rossa con banda gialla (e specchi di uguale colore), numero 50 (ma ci sarà anche una 51 in gara), frontale largo e solcato da un mega splitter, passaruota sinuosi e parzialmente aperti per ridurre i fenomeni di portanza, fiancate solide e abitacolo rastremato, con parabrezza studiato per ridurre i riflessi nella guida notturna. E un’aerodinamica spinta, di cui fa parte un airscoop (a tre ingressi) per il motore 3.0 V6 biturbo in posizione centrale, che si protende verso la coda diventando una pinna centrale. Una specie di timone, cui se ne aggiungono altri due in parallelo all’esterno, in funzione di stabilizzatori, come in campo aeronautico. Così, la coda, la parte più seducente di una carrozzeria di una Sport da gare di durata, mostra un profilo orizzontale al di sotto delle pinne che lavora i flussi, a sua volta, e un ampio diffusore che pur in configurazione standard lascia intendere sviluppi ben più sofisticati. E la sigla? Come da tradizione della Casa, la cifra indica la cilindrata unitaria del motore termico, un V6 a 120, derivato da quello della 296 GTB/GT3.

Cannizzo: “Partiti da zero. Con due difficoltà”. un progetto partito dal foglio bianco, il suo. Con la difficoltà – come spiega l’ingegner Ferdinando Cannizzo, direttore tecnico di Ferrari Competizioni GT – di avere avuto due programmi da portare avanti in parallelo, insieme a quello della 296 GT3 (che sostituirà la plurivittoriosa 488, ndr), perché la squadra di lavoro è la stessa. Il secondo ostacolo è stato, per la LMH, la mancanza assoluta di riferimenti. Abbiamo steso il nostro lenzuolo, abbiamo ragionato e impostato la fase di concept con tutti gli strumenti disponibili (simulazioni, modelli, la nostra esperienza). E abbiamo dovuto capire se quello che stavamo provando era davvero prestazionale o meno. Il team, composto in tutto da un centinaio di persone (fra componente ingegneristica, sportiva, logistica e la squadra vera e propria), si è avvalso anche di qualche consulenza esterna. Precisa, infatti, Cannizzo: Abbiamo messo insieme internamente le idee, poi abbiamo rastrellato in azienda le migliori competenze, dalla GT alla F.1, ci siamo confrontati con i nostri colleghi, ma anche con i nostri partner esterni storici, e abbiamo impostato una parte di concept. Abbiamo poi scremato le idee, fino a definire il pacchetto base. La vettura è stata realizzata tutta a Maranello ma, ovviamente, anche per via dei numeri contenuti del personale, quando siamo partiti con la progettazione degli elementi, si è fatto ricorso pure a partner esterni.

Oltre 12 mila chilometri di collaudo. Da guidare? “Divertente”. I test sono iniziati a luglio, a Fiorano: la 499P, quindi, gira da tre mesi e ha coperto oltre 12 mila chilometri, nei quali si è puntato su un programma in parallelo, alla ricerca delle prestazioni e dell’affidabilità. Resta ancora del lavoro da fare, ma ci sono già le prime impressioni. Ce le racconta l’ingegner Cannizzo: Segnalerei due doti: una lato squadra, ossia la capacità di reagire velocemente dopo ogni test, anche al riscontro dei piloti. Dal punto di vista tecnico, l’aspetto più positivo, nonostante siano stati ravvisati ancora elementi da sistemare, è rappresentato dal fatto di aver potuto girare con continuità, senza grandi interruzioni. Qualche incidente di percorso c’è stato, ma non ha pregiudicato il ritmo di lavoro. Ma come sarà da guidare questa hypercar, se lo chiedono tutti. E noi la giriamo ancora al responsabile tecnico: I piloti la trovano divertente, perché scendono dalla macchina con il sorriso stampato sulla faccia. Credo anche che la ritengano più divertente che impegnativa.

Aerodinamica per le alte velocità. L’aerodinamica è molto curata e, in particolare, come dicevamo, colpisce la dotazione della sezione di coda. Ancora Cannizzo: Le pinne verticali danno una grande mano in termini di stabilità quando il retrotreno tende ad allargare. Come sapete, abbiamo poi limiti regolamentari piuttosto forti sia sul carico verticale, sia sulla resistenza all’avanzamento, per cui in quei campi non ci possiamo muovere più di tanto. La ricerca si orienta non tanto sul massimizzare l’efficienza, che è vincolata, ma nell’ottimizzare la sensibilità della vettura alle varie condizioni, come le altezze da terra e gli angoli di imbardata. questo il grosso del lavoro.

Come funziona l’ibrido integrale. La presenza del motore elettrico anteriore consente alla 499P di disporre della trazione integrale. Ma anche qui ci sono dei vincoli regolamentari. Ci spiega l’ingegnere: La trazione 4×4 si può usare in erogazione sopra una certa velocità definita dal regolamento: una velocità che dipende dal circuito e dalla vettura, con l’ordine di grandezza che va dai 120 ai 200 km/h. In frenata invece non ci sono limitazioni, si può recuperare tutto il possibile: l’assale elettrico anteriore dispone di un motore, un differenziale e una trasmissione monomarcia, per cui recuperare energia in frenata significa, con il sistema brake-by-wire, non utilizzare l’impianto meccanico. il motore elettrico a frenare l’assale anteriore: questo ci consente di recuperare energia, immagazzinarla nella batteria ed erogarla nelle accelerazioni successive, al di sopra della velocità che ci indicheranno. Questa potenza non si somma a quella del motore posteriore, perché abbiamo una limitazione massima di 500 kW complessivi (circa 680 cavalli) tra i due assi, tra il termico e l’elettrico. Il nostro motore termico potrebbe erogare anche da solo questa potenza, mentre l’assale elettrico è limitato per regolamento a 200 kW (272 cavalli). Quando andiamo sull’anteriore lo facciamo per avere il beneficio delle quattro ruote motrici, per giocare con l’handling della vettura, anche se a velocità un po’ elevate, a questo punto. Questo ci consente comunque di governare meglio il bilanciamento della vettura. Tendenzialmente il sistema è automatico, anche se ne stiamo ancora studiando la gestione.

LMH vs LMDh. Chi avrà la meglio, tra le due categorie, anche tenendo conto del Balance of Performance (BoP) che la Fia applicherà per equiparare le due classi di prototipi che si giocheranno l’assoluto? Il tecnico della Ferrari: Il vantaggio per noi è la possibilità di gestire a fondo la nostra vettura, che conosciamo bene per averla progettata in toto. Questo aiuta molto. Speriamo che il BoP sia equo: è ovvio che poter sfruttare la trazione integrale solo al di sopra di certe velocità, contro le trazioni posteriori, ci limita parecchio, anche per la ricarica. Noi abbiamo scelto di adottare l’assale elettrico anteriore perché ha più potenzialità di base (pensiamo alla potenza a batteria, in crescita in futuro, e anche che, se si rompe il motore termico in gara, si può arrivare in fondo con quello a zero emissioni, ndr) e ci consentirà di realizzare un domani un più corposo trasferimento tecnologico sui modelli stradali o anche sulla Formula 1. Ma l’ingegnere ritiene che la gamma attuale della Ferrari abbia già la sua hypercar (la SF90), con un’altra in arrivo a breve (verosimilmente la sua derivata ad alte prestazioni), senza per forza immaginare una serie limitata dal laboratorio estremo della 499P.

Il V6? Una scelta furba. Ma perché è stato scelto il V6 sulla nuova LMH? Per motivi tecnici e strategici: perché il V6 3.0 è compatto, leggero, ha un baricentro basso, una potenza che non deve essere per forza esagerata (c’è pure l’elettrico): così ci si può concentrare su altri fattori, come l’installazione nella vettura e la distribuzione dei pesi. Altro vantaggio: è lo stesso motore utilizzato, sia pur con specifiche e adattamenti assai differenti, sulla 296 stradale e su quella da corsa. stata mantenuta la stessa architettura anche sulla 499P, ma con alcune divergenze sostanziali: qui il motore è portante, a differenza di quanto accade sulla famiglia 296, è stato molto alleggerito e sono tutte nuove le parti in movimento. Non ci resta che attendere il 17 marzo, con il debutto della 499P alla 1000 Miglia di Sebring. La prima gara del Wec 2023 e l’occasione del rientro ufficiale della Ferrari nella massima serie dell’endurance internazionale, a cinquant’anni dall’ultima partecipazione.

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