F1: le qualifiche di Interlagos hanno evidenziato l’origine dei mali strategici della Ferrari
Ma di chi è la colpa, del team o dello stesso Charles Leclerc, che oggi scatterà addirittura decimo? La logica suggerirebbe che in caso di una progressiva diminuzione della pioggia in pista sia il pilota a dover dare un feedback decisivo, in base alle sensazioni che gli restituisce il tracciato. Nel caso in cui le precipitazioni siano in arrivo, è la scuderia ad avere i dati del radar da sfruttare. A maggior ragione se, come in questo caso, Leclerc non era nemmeno in pista, ma ai box. La pioggia era effettivamente destinata ad arrivare, ma non in tempo per uno scroscio poderoso a inizio Q3, l’unico scenario per cui la strategia scelta con Leclerc avrebbe dato dei frutti.
Per capire il motivo di questo atteggiamento, vale la pena affrontare un argomento spesso finito in secondo piano, ma di vitale importanza, quello della comunicazione tra il pilota e l’ingegnere di pista. Si nota molto spesso una certa esitazione da parte di Xavi Padros, anche quando la situazione è talmente chiara da rendere evidente la direzione da prendere. Un esempio in tal senso è arrivato ieri. Leclerc, in pista con le intermedie, ha chiesto se volessero che facesse un giro nonostante non ci fosse pioggia. Anziché dirgli subito di rientrare, Padros gli ha prima detto che gli avrebbe fatto sapere, per poi invitarlo a farlo quando Charles aveva già oltrepassato l’entrata dei box.
La sensazione è che Leclerc sia scocciato, svuotato. Charles è apparso rassegnato e sarcastico, e si è acceso solo dopo il fattaccio, sfogandosi con il suo preparatore atletico Andrea Ferrari. Qualunque sia il vero stato d’animo di Leclerc, una cosa è certa. La strategia resta uno dei punti deboli della Ferrari. E urge cambiare qualcosa, perché la Rossa non è un laboratorio per esperimenti, ma un top team. Anche se a volte – e ad Interlagos si è visto molto bene – ragiona come se non lo fosse.
In collaborazione con Automoto.it