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F1: la FIA comincia la sua rivoluzione araba

f1: la fia comincia la sua rivoluzione araba

F1: la FIA comincia la sua rivoluzione araba

Una federazione più moderna, aperta a tutti e disponibile al dialogo. E’ l’idea del presidente Ben Sulayem che in vista della prossima stagione sta varando la rivoluzione di immagine della federazione. La FIA, come si è visto in passato, è sempre stata arroccata su posizioni molto chiuse: con la presidenza Balestre, anni 80, i conflitti erano all’ordine del giorno con le squadre e per la sicurezza stradale, non si faceva niente. Poi c’è stata l’epoca Mosley, più attento alle esigenze dei team e con i primi tentativi di far passare due concetti che oggi sono di moda: la limitazione delle spese (ora chiamato budget cap) e il numero di gare. Tanto che a metà anni 90 in una intervista Mosley disse chiaramente il concetto: “Meno prove e più gare, le prove non portano soldi, le gare sì. Credo che 25 GP sia il massimo per una stagione”.

All’epoca se ne facevano 16-17 e sembravano già tante, per non parlare delle prove. La Ferrari, ad esempio, aveva tre squadre che giravano contemporaneamente a Fiorano, Mugello e in una pista da GP, tanto che negli anni dei trionfi di Schumacher, si facevano 50 mila km di test a fronte dei 5 mila dei GP… Poi c’è stata l’era Todt, più attenta alla sicurezza stradale, ai piloti come esempi di comportamento e le campagne stampa in questo senso. Poco sportivo, ma utile per aprire le porte della UE e dei ministeri dei trasporti che hanno cominciato a versare qualche soldino per ricerca e sviluppo su iniziative della stessa FIA. Dopo i mandati di Todt, ecco la svolta. Con Ben Sulayem si cambia volto alla federazione. Le polemiche di questa stagione, in realtà, sono il frutto della vecchia gestione Todt, una gestione politica e dura con un solo uomo al comando e una serie di supporti in cui prebende e incarichi servivano a rendere tutti contenti.

Questa rivoluzione araba, in realtà, non è nata negli Emirati, ma proviene da un punto ben preciso in Europa. E’ in Inghilterra, con lo staff di David Richards (Ex Prodrive e Benetton F.1) il fulcro di questa rivoluzione che ha affossato l’erede di Todt e permesso la nascita del governo Ben Sulayem. E l’ex campione di rally ha subito scoperto i punti dolenti. Mancanza di soldi per investimenti e progetti, problemi di comunicazione enormi, sfociati nelle decisioni ai GP di F.1, quelli sotto gli occhi di tutti. Mani legate per iniziative diverse per via dello statuto e della sede europea, Parigi, che impone obblighi per le federazioni sportive. La scelta di uomini fidati senza crearsi nemici all’interno della stessa federazione. Pensate a chi ha ricevuto incarichi di prestigio e poi viene estromesso ma continua a far parte del gruppo di lavoro…

f1: la fia comincia la sua rivoluzione araba

Da qui e queste necessità, è partito il lungo lavoro che dall’anno prossimo avrà anche un simbolo importante. Nel paddock di F.1 si ergerà a fianco del motorhome di Liberty Media, anche quello della FIA. Enorme, su più piani e non più una sorta di roulotte a margine del paddock, ma una presenza fisica importante e visibile, con un piano dedicato alla stampa, per i pranzi e gli snack, in modo da avere un contatto diretto con chi la F.1 deve raccontarla e oggi, per parlare con la FIA, lo fa di nascosto o quasi girando per il paddock. Una rivoluzione di immagine, cui seguirà quella degli uomini. Uno staff fisso o quasi, per le gare mondiali, cercando di non scontentare qualche commissario locale che si vedrebbe privare della passerella nazionale. Impresa questa difficile a dire il vero.

E poi una modifica agli statuti, la nascita di una sezione con un CEO dedicato e il sondare se è possibile spostare la sede legale e amministrativa negli Emirati, con leggi più aperte rispetto ai vincoli europei che oggi la FIA deve rispettare. Un compito arduo, in cui lo smantellamento del metodo Todt (basti pensare all’influenza personale su personaggi come Brawn o Domenicali, che erano suoi sottoposti alla Ferrari) non è affatto facile. Ma Ben Sulayem ci sta provando e qualcosa di nuovo, lentamente, verrà fuori. E questo provoca anche problemi nei rapporti con Liberty Media, votata agli incassi, alla promozione del campionato e alla ricerca di nuovi tifosi e organizzatori. Una F.1 che cambia pelle rapidamente e che va in una direzione diversa da quella voluta dai tifosi vecchio stampo, che stanno scomparendo, e una FIA che comincia la la sua rivoluzione araba.

In collaborazione con Automoto.it

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