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F1. Alessandro Pesenti Rossi, dai cavalli della Tyrrell 007 Rondini Gulf a quelli della sua tenuta

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F1. Alessandro Pesenti Rossi, dai cavalli della Tyrrell 007 Rondini Gulf a quelli della sua tenuta

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“Scusami, devo dare il fieno ai cavalli, altrimenti vado fuori orario.” Sono talmente belli, quei cavalli, esprimono con la loro bellezza la cura e l’amore con cui Alessandro Pesenti Rossi e la sua famiglia li accudiscono nell’ampio e soleggiato spazio appena sopra l’abitato di Gerosa, Bergamo. La vita e il mondo di Alessandro sono sempre rimasti legatissimi al suo territorio, anche quando era diventato un pilota di assoluto livello prima nelle corse in salita, poi nei campionati Gran Turismo e poi in Formula 3 ed in Formula 2, con il fido meccanico Toti che gli preparava le macchine di notte, perché di giorno doveva tenere aperta la sua officina in centro a Brembilla, comune dell’omonima valle bergamasca, poco più di 4.000 abitanti. “Eravamo io e il Toti lo staff tecnico. Poi c’erano il farmacista del paese, uno che vendeva legname sempre a Brembilla e pochi altri. Poi arrivò il Valtellina della Scuderia Città dei Mille, di cui entrai a far parte.”

È uno spettacolo sentire i racconti di questo ottantenne che sembra avere quarant’anni talmente è in forma e in piena attività alla sua baita. “Una volta a Imola eravamo in lotta per la vittoria io e Carlo Giorgio, nessuno dei due mollava, arrivammo alla Rivazza e sapevo che lui avrebbe tentato il sorpasso. Così, in uscita, gli lasciai un po’ di spazio da una parte, ma non sufficiente per passare. Carlo Giorgio mise due ruote sull’erba e prese a volare! Morale: vinse Bruno Pescia, uno svizzero che non prese punti per il campionato italiano, quindi è come se avessi vinto io che arrivai secondo con la mia Brabham BT35.” “Il circuito più bello in assoluto per me era Hockenheim: c’era proprio il senso della velocità assoluta, il motore sempre al massimo che cambiava persino il suono durante quei lunghissimi rettilinei, talmente era tirato. Fare la Ostkurve in pieno con la F.2 era una roba che mi faceva trattenere il fiato! Giravo a 205 km/h di media oraria, era bellissimo!”

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“Quella volta a Montecarlo fu davvero una grande, sfortunata gara: avevo il miglior tempo per la partenza della seconda batteria, dove partivo in pole. Purtroppo, ad un certo punto, Riccardo Patrese mi tamponò alla Rascasse, danneggiandomi un cerchione, mi feci male ad un piede e persi l’occasione di disputare la finale di quel prestigioso GP Monaco F.3 1976.” Ma erano già i tempi del team Gulf Rondini Racing. Scuderia con cui Alessandro ottenne, tra gli altri risultati, un brillantissimo secondo posto in F.2 al Mugello già nel 1975, anno in cui venne fondata la Scuderia, a cui si aggiunse il secondo posto nel campionato italiano F.3 dello stesso anno, con due vittorie all’attivo.

Poi, nel 1976, il grande salto in F.1. “Mentre i miei erano su dal boscaiolo Ken Tyrrell ad acquistare una delle sue 007, io me ne andai al Nurburgring, dove girai sulla Nordschleife con una BMW a noleggio per imparare il circuito. Certo, girarci con la F.1 sarebbe stato molto diverso, ma almeno seppi, grosso modo, dove giravano le curve. Poi arrivarono le prove del Gran Premio, dove partecipai con la Tyrrell ancora blu, non avemmo tempo di dipingerla. Eh, gli inglesi non ebbero certo fretta di consegnarmela! Ne furono prodighi di consigli: non mi dissero nulla, tranne che, ad un certo punto, poco prima della gara, dall’altra parte del circuito pioveva. Fu l’unica informazione che la squadra ufficiale mi diede!” Il Gran Premio di Germania 1976 fu funestato dal gravissimo incidente di Niki Lauda. “Sì, passai anche io da quel punto, c’era gente ferma, non immaginavo cosa fosse successo e raggiunsi i box, la gara fu interrotta.”

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Alla ripartenza non si ripresentarono 11 piloti, si ripartì dalle stesse posizioni stabilite dalle prove ufficiali, non coprendo i buchi lasciati dagli assenti. Il nostro Alessandro terminò quattordicesimo, con la soddisfazione di aver concluso la sua primissima gara in F.1. “Fu durissima. Allora le macchine andavano guidate con la forza delle braccia, e si doveva continuamente staccare le mani dal volante per cambiare marcia. Bisognava davvero avere grande forza, a fine gara noi piloti eravamo esausti.” Alla seconda gara, in Austria, il team Rondini Gulf si presentò con la Tyrrell splendidamente dipinta nei mitici colori azzurro arancio, ammirabili ancora oggi nel prestigioso Gran Premio Storico di Montecarlo. Alessandro si qualificò ventitreesimo, davanti a Lella Lombardi e a Loris Kessel. Alla partenza pioveva forte e la direzione gara la posticipò di mezz’ora. Si parti con pista ancora umida e i curvoni dell’allora Osterreichring non erano certo agevoli da affrontare, ma Alessandro concluse undicesimo la undicesima gara titolata per il campionato del mondo di F.1 di quell’anno avvincente, quello della sfida Lauda-Hunt, dalla quale fu tratto il famoso film “Rush”.

“A Zandvoort non ci qualificammo perché il giorno delle prove libere pioveva. Quando si trattò di trovare l’assetto giusto da asciutto per le qualifiche, io e il Toti non riuscimmo a trovare la quadra, tira di qua, molla di là, una volta andava via davanti, la volta dopo partiva dietro, perdemmo tempo e ci ritrovammo sfortunatamente fuori dalla griglia.” Erano in F.1, ma lo staff tecnico era costituito ancora da lui e dal Toti. Meravigliosi. A Monza Alessandro si qualificò brillante ventunesimo, a 5 centesimi da Emerson Fittipaldi con la Copersucar e davanti a Henri Pescarolo con la Surtees. Si mise alle spalle pure Guy Edwards, Brett Lunger e Arturo Merzario, gli eroi del Nurburgring, i piloti che, fermandosi a prestare soccorso ed estraendolo dalla vettura in fiamme, salvarono la vita a Niki Lauda. “Lo vidi, Niki, a Monza. Era conciato malissimo. Ma prese parte lo stesso alla gara.”

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Alla fine Alessandro fu diciottesimo in una gara che vide il trionfo dell’asso svedese Ronnie Peterson, con una vecchia March, mentre Niki Lauda fu brillante quarto, con James Hunt che nemmeno partì, per la squalifica dovuta all’utilizzo di benzina sopra i 101 ottani, limite massimo consentito sul territorio italiano. “Una volta mi è capitato di festeggiare un compleanno insieme a James Hunt, che era nato cinque anni dopo, ma nel mio stesso periodo, a fine agosto.” “Appunto, Alessandro, volevo chiederti, sembra che ci siano delle foto di quella festa…” “Lascia stare, lui era un irrequieto, uno che non stava mai fermo, una volta arrivò in ritardissimo alla premiazione della FIA a Parigi e, per giunta, vestito con un giubbotto rosso e scarpe da tennis con la punta tagliata, le stesse che usava per gareggiare. Aveva piedi talmente grandi che non ci stavano nell’abitacolo!” “Sai che una volta partecipai anche alla Targa Florio? Una avventura entusiasmante, ma faticosissima! I turni di guida su quelle strade al volante della pesantissima De Tomaso Pantera furono massacranti!”

“Cavoli, certo che quella volta in F.3 potevo vincere, mi tradì l’ultima curva, la Bucine. Ma il Mugello rimane uno dei miei circuito preferiti: era bellissimo!” E via così, tutto il pomeriggio, in un florilegio di racconti a spizzichi e bocconi, tra una fetta di un buonissimo salame nostrano e un bicchier di vino. Questo posto è davvero un angolo di paradiso, dominato dal sole e dai cavalli dei Pesenti Rossi, dove il tempo sembra essersi davvero fermato a quegli anni meravigliosi e romantici, tanto che mi aspettavo da un momento all’altro, di veder apparire il Toti, all’imbocco della stradina:”Sandro! Demm! Che c’è da fare la carburazione!” Ad un certo punto dico ad Alessandro:”Non ti piacerebbe rivedere la tua Tyrrell? Al Gran Premio storico di Montecarlo, per esempio, c’è qualcuno che ce la porta, sai…” Mi guarda, tituba un po’, poi risponde:”No, lasciamo perdere. Meglio vivere di ricordi bellissimi. Ogni cosa a suo tempo. Questo, ora, è il mio mondo e le mie emozioni più belle ora sono qui, alla mia baita, con la mia famiglia e i miei cavalli.”

“Tutt’intorno a lui, ai suoi familiari, brillano gli occhi: piacerebbe a tutti rivedere Alessandro Pesenti Rossi insieme alla sua fantastica Tyrrell 007 Rondini Gulf. Sarebbe davvero un bellissimo sogno, anche per gli innumerevoli appassionati che gli inviano foto, cartoline, perfino guanti da autografare da ogni parte del mondo. La passione c’è ancora, ed è rimasta intatta: si vede dall’entusiasmo con cui ci mostra alcune foto proprio in gara con la mitica Tyrrell. L’età non conta nulla, conta solo l’emozione: qui, in quest’angolo di paradiso, ce n’è moltissima. A proposito di paradiso: tra tutti i fantastici racconti di Alessandro, siamo sicuri di voler tornare con i piedi per terra, nella bassa pianura? Mi verrebbe proprio da dire di no! Grazie di cuore, Pesenti Rossi! Speriamo di rivederci presto! C’è sempre gran bisogno di un po’ di paradiso…

Beppe Magni

In collaborazione con Automoto.it

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