Elettrico e termico a confronto
Il traffico veicolare è una delle fonti principali di inquinamento locale nelle città. Le emissioni rappresentano all’incirca un terzo del totale con diverse componenti (gli ossidi di azoto circa il 50%, gli idrocarburi intorno al 10%, il 30% le polveri sottili).
Viene quindi spontaneo pensare che una vettura elettrica a zero emissioni possa essere utile per la riduzione sostanziale di una parte delle emissioni inquinanti nei centri urbani. Questo indipendentemente da dove e da come sia prodotta l’energia che la alimenta.
Al contrario, tali vantaggi decadono sulle lunghe percorrenze al di fuori dei centri urbani. Qui le vetture con motore tradizionale sono ancora ben più efficienti, non solo in termini di impatto ambientale, ma anche in termini di flessibilità di utilizzo. Il tanto criticato Diesel (ricordiamoci anche il caso del Dieselgate e come è stato strumentalizzato) rimane una delle propulsioni a più alta efficienza e, quindi, meno impattante a livello di inquinamento «globale», oltre a rappresentare (e aver rappresentato) un’eccellenza industriale tipicamente europea.
Pertanto, a oggi sembra che i legislatori europei abbiano definito dei vincoli non sempre guidati da analisi razionali. Per aggiustare il tiro (e si può ancora fare) si potrebbe pensare ad alcune azioni correttive. Pensare a delle politiche che permettano ancora la produzione di motori a combustione interna efficienti da utilizzare al di fuori dei centri urbani o in base ai livelli di inquinamento locale (oggi facilmente monitorabili). E poi indicare delle regole sulle emissioni delle altre fonti cittadine, a partire dai riscaldamenti, per coerenza rispetto alla stretta sulle autovetture.
Tommaso Ascarelli
EY Parthenon Partner
Automotive Value Creation Leader