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Componentisti italiani – 2021 positivo, ma è allarme occupazione per la svolta elettrica

componentisti italiani – 2021 positivo, ma è allarme occupazione per la svolta elettrica

Componentisti italiani – 2021 positivo, ma è allarme occupazione per la svolta elettrica

un bilancio in chiaroscuro, quello delineato dal Gruppo Componenti dell’Anfia, nell’ambito dell’annuale Osservatorio sulla componentistica automotive italiana presentato al Centro congressi del Mauto di Torino. Di positivo, c’è che il 2021 si è chiuso con numeri in crescita per le 2.202 imprese del settore, che danno lavoro a 168 mila addetti per un fatturato stimato in 54,3 miliardi di euro; più buie, di contro, sono le previsioni sul futuro, messo a repentaglio dalla svolta elettrica.

Bene all’estero. Nel 2021, la ripresa del volume d’affari è stata del 16,7% a sostanziale stabilità del numero di addetti (+0,6%), ma bisogna tenere conto del fatto che il 2020 era stato un anno decisamente anomalo a causa dell’esplosione della pandemia. In ogni caso, le variazioni positive del fatturato automotive hanno interessato trasversalmente tutte i settori della filiera, ma con intensità differenti: quelli che hanno fatto registrare i risultati migliori sono i subfornitori (+25,6%), in particolare se si occupano di lavorazioni (+30%), e gli specialisti dell’aftermarket. Anche l’export della componentistica ha fatto segnare nel 2021 un recupero (+15,4%) significativo, pur con un rallentamento registrato nella seconda parte dell’anno a causa del protrarsi della crisi dei microchip, della carenza di materie prime e delle difficoltà della logistica. Il 72,9% delle imprese è risultato avere Stellantis nel proprio portafoglio clienti (l’80,6% in Piemonte), ma la quota di fatturato generato in Italia dalle vendite a questo gruppo è diminuito da 41,7% al 40,7% (solo in Piemonte sale al 49,6% contro il 47,4%); il 59,3%, invece, deriva da altri costruttori, in particolari tedeschi, francesi (esclusi i marchi Stellantis) e americani.

Le previsioni. Il quadro attuale, però presenta segnali di allarme: secondo Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti dell’Anfia, nel 2022 “gli effetti d’instabilità legati al conflitto in Ucraina potrebbero portare a una frenata; per affrontare le sfide della transizione energetica le nostre imprese, da quest’anno, possono contare anche sulle misure del fondo automotive, in particolare interventi di politica industriale come i contratti di sviluppo e gli accordi d’innovazione, che agevolano i programmi d’investimento delle imprese”. Aiuti importanti visto che, come ha sottolineato il presidente della Camera di commercio di Torino Dario Gallina,”il posizionamento delle imprese rimane ancora per il 73,8% sui motori tradizionali; le aziende, dunque, cercano soluzioni, investendo in innovazioni di prodotto e mirando sul mercato del lavoro a nuove competenze, spesso difficili da trovare”.

L’allarme. Dal quadro complessivo derivano preoccupazioni legate al futuro dei 26 mila posti di lavoro nel solo Piemonte in imprese che lavorano esclusivamente nella realizzazione di motori diesel e a benzina; per questo, è indispensabile accelerare il trend di aggiornamento e di orientamento verso i powertrain elettrici e ibridi che, al momento, registrano un posizionamento significativo soltanto per il 37,6% delle imprese (20,6% in relazione alle fuel cell). A questo proposito, le aziende segnalano un bisogno diffuso di nuove figure professionali, da destinare ai processi produttivi (il 62%), all’automazione e ai sistemi meccatronici (il 53%), ai prodotti e materiali (il 48%) e alla sostenibilità ambientale (il 47%). Un tema di grande rilievo, al quale Quattroruote ha dedicato un ampio servizio nel numero di novembre, presto disponibile.

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