L'Europa allarga le maglie ai progetti finanziabili e riduce i controlli. Sul piatto, 45 mld € per sganciare auto (e non solo) dall'Asia
Presentato a febbraio dalla presidente Ursula von der Leyen, lo European Chips Act della Commissione Ue prosegue il suo iter, con l’obiettivo di trasformare il Vecchio Continente in un hub produttivo di semiconduttori tra i più importanti al mondo. Sul piatto ci sono quasi 45 miliardi di euro.
Più chip, meno controllo
Gli Stati membri sono tutti d’accordo: lo European Chips Act deve diventare realtà, ma il testo originale è stato leggermente ritoccato dagli sherpa nazionali. In base alla nuova versione, a essere finanziati saranno non solo i progetti sui chip più avanzati, ma una gamma più ampia.
I semiconduttori dovranno comunque garantire una serie di innovazioni in termini di potenza di calcolo, efficienza energetica, vantaggi ambientali e intelligenza artificiale. Ridotti invece i poteri di controllo della Commissione Ue, che potrà chiedere informazioni alle aziende solo durante i periodi di crisi e in modo proporzionato alla situazione.
Rimane ancora da capire come allocare i fondi destinati alla ricerca, perché alcuni Paesi temono una distribuzione sproporzionata, a vantaggio di Stati con industrie già più consolidate. Ma l’accordo definitivo dovrebbe arrivare il 1° dicembre. Poi la palla passerà al Parlamento Ue, nel 2023.
Basta dipendenza
La taiwanese TSMC è tra i principali produttori al mondo di chip
Sono già diversi gli investimenti annunciati nella regione, nonostante il piano sia ancora ben lontano dall’approvazione definitiva. Fra i nomi di multinazionali interessate ad accasarsi dalle nostre parti, troviamo Intel, GlobalFoundries, STMicroelectronics e Infineon Technologies.
Lo Eu Chips Act in sintesi
Ricordiamo infine che lo European Chips Act (nella versione della Commissione Ue) comprende circa 15 miliardi in “fondi pubblici e privati”, citando le parole di Von der Leyen, e 30 miliardi “già previsti da programmi come Next Generation Eu, Horizon Europe e vari budget nazionali”. I settori su cui si concentra sono:
- ricerca, un campo in cui “l’Europa è già leader”
- industria, per “portare la nostra eccellenza nelle fabbriche e trasformarla in prodotti”
- regole, in particolare quelle sugli aiuti di Stato, adattandole alle condizioni di mercato
- supporto alle imprese, soprattutto startup
- cooperazione internazionale, creando partnership con altri Paesi come Stati Uniti e Giappone, perché “nessuno può essere autosufficiente”